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martedì 25 aprile 2006


Ad Afrodite



O mia Afrodite dal simulacro



colmo di fiori, tu che non hai morte,



figlia di Zeus, tu che intrecci inganni,



o dominatrice, ti supplico,



non forzare l'anima mia,



con affanni né con dolore;



ma qui vieni.



Altra volta la mia voce



udendo di lontano la preghiera



ascoltasti, e lasciata la casa del padre



sul carro d'oro venisti.



Leggiadri veloci uccelli



sulla terra nera ti portarono,



dense agitando le ali per l'aria celeste.



E subito giunsero. E tu, o beata,



sorridendo nell'immortale volto



chiedesti del mio nuovo patire,



e che cosa un'altra volta invocavo,



e che più desideravo



nell'inquieta anima mia.



Non son pazzo. Non ancora almeno.

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