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Questo blog contiene testi e immagini la cui fruizione è adatta esclusivamente a un pubblico adulto e consapevole.


I racconti qui pubblicati sono inoltre opera di fantasia. Ogni coincidenza con fatti reali e persone fisiche o giuridiche, realmente esistenti, o con enti, società, organizzazioni, gerarchie sia naturali che soprannaturali, è da ritenersi puramente causale.


domenica 8 dicembre 2013

Il cinturino doppio

 Avec ces chaussures, on ne peut pas penser à marcher et moins encore à courir; elles sont conçues pur rester allongées.

Christian Louboutin

Con queste scarpe, non si può pensare né di camminare né tanto meno di correre; sono state concepite per restare sdraiate.


Sei distesa supina sul letto con indosso solamente le scarpe. Sono le decolleté rosse tacco dodici, quelle lucide col cinturino doppio alla caviglia che abbiamo comperato insieme nel negozio parigino di Monsieur Louboutin.

Tu mi guardi per nulla imbarazzata. Io tiro l'ennesimo sospiro.

- Viens - mormori con voce roca.

Mi sfilo i boxer, li getto via dietro di me e salto sul letto per incunearmi tra le tue cosce candide.

- Mon petit papillon - dico avvicinando la mia bocca alla tua.

- Cheri - rispondi sempre con voce roca.

Tuffo le mie labbra sulle tue e, trattenendo a stento l'impeto della mia lingua vorace, ti bacio tenero e dolce. Tu m'imprigioni tra le braccia e ti stringi a me. Io chiudo gl'occhi e continuo a baciarti spingendo il bacino in avanti. Sono turgido e duro e ti voglio. Anche tu vuoi me. Allenti così la stretta del tuo abbraccio per darmi la possibilità di muovermi liberamente. Io punto il palmo delle mani sul materasso e, riaprendo gl'occhi, scosto la mia bocca dalla tua.

- Aide-moi - imploro.

Tu insinui la mano sinistra sotto di me e afferri l'asta del mio uccello per guidarla dentro di te.

- Bijou - mi lascio sfuggire mentr'affondo nel tuo calore liquido.

- Mon Rat...

Precipito ancora su di te e allaccio la mia lingua alla tua. Incomincio quindi a spingere badando a non schiacciarti col mio peso. Dopo qualche minuto decido però di scollarmi da te e di scivolare via dal tuo sesso. Mi puntello ben bene sulle ginocchia, ti prendo pei fianchi, t'attiro a me e ti sollevo le gambe in maniera che tu possa posare le caviglie sulle mie spalle. Torno così a riempirti pungolando e spingendo come meglio mi riesce.

Tu incominci a fremere e a sussultare per essere poi rapita da un orgasmo bruciante. Io resto lì dove sono finché non ti vedo riprendere il controllo dei tuoi sensi. Esco quindi da te e, sempre turgido e duro, vado a sistemarmi in fondo al letto.

Tu sai quello che voglio. Mi conosci a memoria ormai. Allunghi così il piede destro e l'affidi alle mie mani. Io l'accarezzo con tutto l'amore di cui sono capace e sciolgo il cinturino doppio della scarpa, manovra questa che richiede un tempo interminabile. Libero quindi il piede e lascio cadere sul letto la decolleté rossa inchiodando gl'occhi su di te.

- Inonde-moi - sussurri piano.

Mi protendo verso di te, sfioro colle dita d'una mano il piede nudo che hai steso sulle lenzuola accanto a quello prigioniero della scarpa e incomincio a toccarmi. Sono così eccitato che dopo alcuni secondi esplodo sulla tua pelle bianca mugolando e gemendo. Il mio seme, tutto quello che avevo dentro, è tuo, solamente tuo. 

sabato 30 novembre 2013

Lo chiamavano Monsieur le Rat

Vieni gettata ai miei piedi scarmigliata e scalza.

- Questa troia m'ha graffiato la faccia! - ringhia Cédric.

- Apriamole la gola - minaccia invece Donatien.

Poso la mano sul calcio della pistola a focile che ho attaccata alla cintura e fisso i due bravacci.

- Uscite da qui.

- Capo, v'ha dato di volta il cervello? - tuona Cédric. - Uccidiamo subito quella vipera e godiamoci i mille luigi d'oro che ci sono stati promessi come premio!

Sfilo dalla cintura la pistola e armo il cane. I miei occhi bruni dardeggiano.

- Levate i tacchi se ci tenete alla pelle.

Cédric vorrebbe replicare ma Donatien l'afferra per un braccio e lo trascina fuori dalla fetida stamberga che ho eletto a tana.

Ficco di nuovo la pistola nella cintura dopo averne disarmato il cane e ti porgo una mano.

- Permettete che v'aiuti, Angélique.

T'aggrappi a me e ti tiri su. Quindi abbandoni la mia mano e indietreggi d'un passo. La camicia da notte che hai indosso è lacerata sul petto e nasconde a malapena i tuoi seni perfetti.

- Voi chi siete? - domandi.

- Mi chiamano Monsieur le Rat e domino sulla corte dei miracoli di Parigi, dalla Rue de Caire alla Rue Réaumur.

- Perché sono stata rapita dai vostri accoliti?

- Madame de Montespan, l'amante del nostro beneamato Re Sole, è gelosa di voi e teme fortemente che possiate spodestarla dal suo ruolo di concubina favorita. M'ha chiesto perciò di cagionare la vostra morte inscenando un assassinio camuffato da incidente.

Inchiodi il tuo sguardo al mio. Affondo così nell'abisso dei tuoi occhi azzurri.

- Mi par di capire però che voi abbiate altri progetti.

- Non vi sbagliate, Angélique.

T'abbranco a me e accosto la mia bocca alla tua.

- Progetti invero molto piacevoli.

- V'avverto, Monsieur le Rat: nessun uomo è mai riuscito a domarmi.

- Io voglio amarvi, non domarvi.

Calo su di te e tuffo le mie labbra sulle tue. Quindi ti bacio con tutto l'ardore di cui è capace la mia lingua avida e saettante.

lunedì 8 luglio 2013

Anche l'amore ha un prezzo

È notte alta ormai. Giro per l'Urbe cauto e guardingo, pronto a brandire il pugnale che tengo nascosto sotto la penula 1 nel fodero attaccato alla cintura. La luce della luna è oscurata da un fitto groviglio di nubi. Stento a vedere dove metto i piedi ma non rallento il passo. Niente e nessuno potrà impedirmi di tardare al nostro convegno amoroso.

Una pioggia tiepida e maleodorante mi cade addosso all'improvviso. Qualche zotico inquilino dell'insula 2 che sto costeggiando deve aver svuotato dalla finestra il contenuto del suo orinale. Maledico il dio degl'incontinenti e continuo la mia peregrinazione notturna asciugando la penula alla bell'e meglio.

Oltrepasso la mole del Circo Massimo e imbocco una strada laterale che sfocia in un vicolo cieco. Mi guardo intorno. Noto un ubriaco accasciato a terra che farfuglia parole incomprensibili, due tipi loschi intenti a spartirsi un pugno di sesterzi e una lupa 3 dalle mammelle floride che si fa chiavare appoggiata a un muro da un giovanotto particolarmente focoso.

Mi dirigo verso una delle insulae del vicolo, scosto un tendone pieno di pezze, infilo un uscio e approdo in un corridoio illuminato da cinque grosse fiaccole fissate alle pareti. Un uomo calvo e panciuto mi sbarra la strada. È Aurelio Vespillone, il ruffiano che gestisce il bordello dove sono entrato.

- Che Giove ti preservi, rottinculo d'un rottinculo - gli dico per salutarlo. - Vedo che sei sempre una vescica piena di merda.

- Tu puzzi invece di piscio peggio d'una latrina.

Ci stringiamo la mano.

- Licisca è già qui?

- Sì, la trovi nella sua cella.

Traggo da sotto la penula il mio borsellino e gli do un asse 4.

- Posso andare?

- Certo, è te che vuole stanotte.

Riappendo il borsellino alla cintura, aggiusto la penula sul petto, m'inoltro nel corridoio e raggiungo una porta chiusa su cui qualche buontempone ha graffiato questa scritta a lettere cubitali: HIC ME TENET DISTILLATIO 5. Scuoto la testa, prendo un bel respiro e busso.

- Chi è? - chiedi da dietro i battenti.

- Io - rispondo - il re dei bassifondi.

- Entra.

Spalanco l'uscio, irrompo nell'alcova e ne scruto l'interno appena rischiarato dal lume fioco d'una lucerna. Noto dapprima Gòngila, l'ancella che t'ha scortato fin lì, e poi te. Sei avvolta in un peplo aderente color turchese trattenuto sulle spalle da una coppia di fibule d'oro e stretto alla vita da un cordoncino di seta intrecciato. Porti i lunghi capelli corvini sciolti sulla schiena e hai le braccia nude impreziosite da due armille a forma di serpente anch'esse d'oro. Sei a piedi scalzi. Hai tolto infatti i sandali e li hai gettati sul pavimento tra la parrucca bionda e il mantello nero sotto cui ti sei celata per venire al nostro appuntamento.

- Mia delizia - ti sussurro - tu susciti l'invidia di Venere.

Mi fissi. I tuoi occhi verdi sono resi ancora più voluttosi e profondi dalla mistura d'antimonio e nerofumo con cui li hai truccati.

- Perché?

- La tua bellezza non ha eguali.

Avanzi di qualche passo e vieni a piazzarti di fronte a me. Sei così piccola che non riesci a superare l'altezza del mio petto.

- Adulatore.

- Femmina dirompente.

Sposti lo sguardo su Gòngila e le indichi la porta.

- È giunta l'ora che tu vada.

- Sì, domina 6.

L'ancella ti rivolge un inchino e scompare nel corridoio dopo aver chiuso l'uscio. Io mi sfilo la penula intrisa d'urina, la lancio a terra e rido.

- Che c'è? - domandi.

- Se l'imperatore Claudio sapesse dei tuoi amori segreti, ti farebbe strangolare da uno dei suoi liberti 7.

- Mio marito è un vecchio baggiano senz'un briciolo di spina dorsale. Quand'anche mi scoprisse a mettergli le corna, non avrebbe mai lo stomaco per impartire un ordine simile.

T'alzi sui piedi e mi cingi le braccia al collo.

- Bada a te piuttosto.

Siamo talmente vicini che ho le nari pervase dall'aroma del tuo profumo a base di sandalo e mirra.

- Tempo fa mi sono tolta il capriccio di giacere con Rufrio Crispino, il Prefetto del Pretorio 8, che è uomo gelosissimo.

Sfiori le tue labbra colle mie. Ti trattieni però dal baciarmi la bocca.

- Se gli giungesse voce dei nostri incontri, non esiterebbe un attimo a mandare uno dei suoi leccapiedi a tagliarti la coda.

- Non ho coda io.

Ti strofini tutta contro di me.

- Sì che ce l'hai e pure bella tosta.

Vorrei tuffarmi sulle tue labbra e darti un bacio ma tu fuggi lontano. Mi sciogli infatti dal tuo abbraccio, torni sui talloni e t'accoccoli tra le mie gambe chinata sulle ginocchia. Usi le mani per trarre dal perizoma che indosso sotto la tunica il mio uccello turgido e duro. Ne osservi la cappella che, gonfia e grossa, punta dritta verso di te. La prendi quindi in bocca leccando e suggendo con passione e perizia sopraffina. Questo non mi basta però. T'afferro così dietro la nuca e ti costringo a ingollarmi fino ai testicoli. Tu non batti ciglio. Continui a succhiare e a titillarmi colla lingua.

- I denti - dico - fammeli sentire.

Stringi le mascelle. Io inarco la schiena gettando indietro la testa in preda a uno spasmo e perdo la presa sulla tua nuca. Tu hai modo perciò di scivolare via e d'espellere dalla bocca il mio cazzo lucido di saliva. Ci fissiamo entrambi negl'occhi per un istante che sembra durare in eterno. Muovo poi le mani, ti prendo per le braccia, ti rimetto in piedi, calo sulle tue labbra e t'infilo la lingua tra i denti per baciarti a fondo avido e irruente. La mia foga è tale che rimani senza fiato.

- Sorcio - bisbigli quando riesci a scollarti dalla mia bocca.

Io vorrei replicare in maniera piuttosto salace ma sono così frastornato che non profferisco parola. Tu cogli allora l'attimo per appendere le tue labbra alle mie e coprirmi di baci. T'allontani quindi da me e raggiungi il letto in mattoni della cella su cui è stesa una stuoia logora e vecchia. Ti sfili poi il peplo dandomi le spalle e ti giri nuda verso di me. Hai i capezzoli luccicanti di polvere d'oro e il pube rasato e porti una catena per il corpo che t'imprigiona i seni e la schiena. Tale gioiello è costituito da quattro catene d'oro i cui terminali a testa di leone s'uniscono a due placche finemente cesellate, l'una posata davanti sul tuo sterno e l'altra dietro tra le tue scapole. La placca anteriore è la più strabiliante perché vi si trovano incastonati degli smeraldi e un cameo verde che raffigura il volto orripilante della Gorgone 9.

- Valeria Messalina - esclamo - non posso non averti!

- Dovrai pagare per questo - mi fai.

Afferro il borsellino e ti porgo cinque assi che però rifiuti.

- Il denaro non m'interessa.

- Cos'è che vuoi?

T'avvicini, incolli il tuo corpo al mio e mi carezzi l'uccello.

- La tua anima.  
_________ 

1 Mantello in uso presso l'antica Roma, con taglio a campana e cappuccio. Veniva indossato da uomini e donne, specie durante i viaggi.
2 Le insulae erano le grandi case d'affitto in cui si stipavano le famiglie meno abbienti.
3 Termine latino che indica le donne dedite al sesso mercenario.
4 Per notizie su tale moneta, v. http://www.monete-romane.com/asse.html.
5 Qui ho preso lo scolo.
6 Padrona.
7 I liberti erano gli schiavi che avevano ottenuto la manumissio, cioè l'affiancamento. Quelli provenienti dalla famiglia imperiale, all'epoca in cui si narra, erano adibiti ai compiti più vari, soprattutto nell'ambito dell'amministrazione degl'affari di stato.
8 Il Prefetto del Pretorio era il capo della cancelleria dell'imperatore e il comandante della sua guardia del corpo. 
9 S'allude qui a Medusa, la bellissima fanciulla che oltraggiò Minerva e che la dea trasformò in un mostro terribile capace d'impietrire collo sguardo qualsiasi creatura vivente. 

mercoledì 24 aprile 2013

Sturm und Drang

Onde procellose, tuoni, lampi, pioggia fitta e battente: la tempesta che ha ghermito lo Zanzibar, il mio agilissimo brigantino, è ancora al culmine della sua furia.

Rafforzo la presa delle mani sulla ruota del timone, serro gl'occhi, stringo le palpebre e aguzzo la vista. Scorgo oltre la fiancata di tribordo la sagoma massiccia del Leviathan, il veliero del bieco Gottfried von Manteuffel.

- Tutti ai posti di combattimento - ordino all'equipaggio. - Issate il Jolly Roger.

La bandiera nera col teschio e le tibie incrociate viene innalzata sulla sommità dell'albero maestro. Udo Seeckt, l'ufficiale in seconda, m'afferra per un braccio.

- Volete arrembare il Leviathan con questo tempo della malora? - domanda.

- Certo - rispondo.

- Siete pazzo, kapitän.

Mi libero della sua stretta sogghignando truce.

- Può darsi.

Manovro la ruota del timone in modo che lo Zanzibar accosti il vascello avversario.

- Pronti all'arrembaggio! - grido con tutto il fiato che ho in gola.

- Hölle auf Erden 1! - replica la ciurma all'unisono.

S'ode uno schianto terribile. Ci siamo appena agganciati allo scafo del Leviathan con un gran stridio di legni infranti.

Vengono gettati i rampini. Dalla nave di von Manteuffel parte una scarica di fucileria che sovrasta l'urlo della tempesta.

Udo si fa il segno della croce. Io digrigno i denti carico d'adrenalina.

Parte una seconda scarica di fucileria. Lutz Scorreggiafacile, Jochen lo Smilzo e Sepp Gambadilegno s'accasciano a terra colpiti a morte.

Rompo gl'indugi: cedo la ruota del timone a Udo, sguaino sciabola e pugnale e mi scaglio oltre il parapetto dello Zanzibar seguito dai più ardimentosi dei miei.

Parte una terza scarica di fucileria. Volo attraverso un nugolo di palle di moschetto per atterrare senz'un graffio sulla tolda del Leviathan.

Vengo assalito da cinque marinai dell'equipaggio nemico. Mi difendo così gagliardamente che li infilzo tutti come se fossero tanti gallinacci della Westfalia.

Getto lo sguardo sul castello di poppa del Leviathan. Von Manteuffel è abbarbicato lassù e sbraita ordini ai suoi dabbasso intenti a predisporre una quarta scarica di fucileria.

Mi lancio all'attacco, urlo, meno fendenti, schivo proiettili, mando all'aria quella manovra, sbudello con gusto chiunque osi opporsi a me e raggiungo infine il mio antagonista.

- Lurida pantegana - annuncia costui mentr'impugna la spada - ti spaccherò il cuore in quattro.

Piego le labbra in un sorriso beffardo e col dorso d'una mano m'asciugo il viso bagnato dalla pioggia. 

- Questo è da vedersi.

Cominciamo a duellare l'un contro l'altro in un susseguirsi di stocate, affondi, parate e finte. Von Manteuffel è un osso duro. Mi ferisce più volte di striscio al petto e a un avambraccio. Io però non mollo. Combatto con ardimento e impeto fino a sfondare la sua guardia e a trapassargli lo stomaco da parte a parte.

Quel figlio di baldracca cade in ginocchio, tossisce, sputa sangue e si lascia scappare dalle mani la sua lama affilata. Io gli balzo addosso per decapitarlo con un colpo netto. Rinfodero poi sciabola e pugnale, raccolgo da terra la testa mozzata, la sollevo davanti a me e la mostro ai miei fidi bucanieri del Brandeburgo che sono ormai padroni del Leviathan.

- Kein fleisch wird verschont bleiben 2! - urlano in coro.

Getto ai pesci il macabro trofeo, salto giù dal castello di poppa e scendo sottocoperta. Trovo l'alloggio del capitano. L'uscio è chiuso a chiave. Non si passa. Decido allora d'andare per le spicce. Traggo la pistola a focile che tengo infilata nella cintura, armo il cane, prendo la mira, sparo alla serratura e la faccio esplodere in un turbinio di schegge e scintille. Do quindi un calcio alla porta e irrompo nella cabina turbinando com'il vento.

Tu giaci rannicchiata in posizione fetale su un letto poco distante dall'uscio. Sei a piedi nudi, hai le mani legate dietro la schiena e indossi un camiciotto pieno di srappi e un paio di braghe attillate. Non mi sembri sorpresa. Sapevi che avrei smosso mari e monti pur di venire a salvarti.

Raggiungo il letto, ficco la pistola nella cintura, sciolgo la corda che t'imprigiona i polsi, incollo il mio corpo al tuo e ti cingo i fianchi stringendo forte. Tuffo poi la mia bocca sulla tua in cerca di baci. Tu però ti divincoli e riesci a sfuggirmi dalle mani. Io torno alla carica, t'abbranco e incollo di nuovo il mio corpo al tuo. Ci guardiamo entrambi dritto negl'occhi. Tu resti seria per qualche istante, quindi scoppi a ridere.

- Cos'hai? - chiedo.

- Cheri le corsaire - mormori - scommetto che non hai la più pallida idea del perché fossi stata rapita dal povero Gottfried.

Scoppio anch'io a ridere.

- Non hai tutti i torti in effetti. Questo è l'ennesimo mio filmino in cui personaggi e trama vengono improvvisati a casaccio.

Sfioro le tue labbra colle mie.

- Comunque, secondo te, è poi così importante conoscere quali siano stati i moventi di quel miserabile filibustiere buonanima?

M'accarezzi una gota.

- Non, pas du tout.
____________

1 L'inferno è in terra.
2 Nessuna carne verrà risparmiata.       

domenica 17 marzo 2013


Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana
  
Abbiamo alle calcagna un nugolo di caccia imperiali. Quei figli di troia vogliono farci la pelle.

Chewbecca strepita e ringhia. Io bestemmio in cinque lingue diverse.

Un raggio laser colpisce la poppa del Millenium Falcon. L'astronave beccheggia pazzamente.

- Ammasso di peli - grido allo Wookie - dai più manetta o qui finiamo arrosto!

Chewbecca mi manda affanculo e pesta sul gas. Il Falcon schizza via nello spazio come una meteora impazzita.

- Ho sonno, cheri.

Sei tu che parli dritta in piedi dietro il mio sedile.

Volto la testa. Ti fisso.

- Cazzo - sbotto - non vorrai mica andare in branda proprio adesso?

Soffochi uno sbadiglio.

- Sì, sono stanca.

Ci trafigge un altro raggio laser. L'astronave beccheggia di nuovo pazzamente. Lo Wookie seduto accanto a me ulula e sbuffa e si mette a pregare la fitta schiera dei suoi dei irsuti.

Prendo una decisione: inverto la rotta del Falcon e mi getto contro gl'inseguitori con una manovra da pensionato kamikaze.

Tu ti chini in avanti e m'arpioni le spalle stringendo forte. Io sento sulla nuca il soffio caldo del tuo respiro.

Ci colpiscono ancora. Salta lo scudo deflettore. L'astronave rischia ora di finire in mille pezzi.

Io me ne frego. Abbasso la leva dell'iperguida, mi tiro su dal sedile e t'abbranco a me tra le grida indignate di Chewbecca.

Il Falcon oltrepassa i caccia imperiali e si tuffa nel vuoto più veloce della luce. Io incollo la mia bocca alla tua e ti consumo le labbra con un bacio profondo intriso di Forza. Tu sprofondi nel Nulla in preda al più vorticoso degl'orgasmi.  

sabato 2 febbraio 2013

Sensazioni note

Sono dieci minuti che aspetto sdraiato supino sul letto. Tu sei andata in bagno e non ti sei ancora decisa a uscirne.

Chiudo i lembi dell'accappatoio che ho indosso stringendo la cintura e tiro un sospiro. Sono in erezione da quando ho terminato la doccia e non voglio che tu mi veda in quello stato appena metterai piede in camera.

Tiro un altro sospiro viepiù consumato dal desiderio. Odo un rumore. Passi sottili, puntuti. Mi sollevo su un gomito e lancio lo sguardo nella direzione della porta. Ti scorgo sulla soglia, avvolta in una lunghissima camicia da notte in tulle nero con corpetto e bretelline di pizzo e arrampicata su un paio di decolleté lucide tacco dodici nere anch'esse.

Salto giù dal letto e mi raddrizzo in tutta la mia statura. Tu, ancheggiando, vieni a piazzarti davanti a me. Ti soppeso cogl'occhi. Eri piccola prima di calzare quelle scarpe scandalose. Adesso mi fronteggi, alta e maestosa.Vorrei dire qualcosa di memorabile, la solita bella frase a effetto, ma lascio che a parlare sia la mia voglia divenuta ormai straripante.

T'abbranco a me e ti bacio famelico e osceno penetrando a forza colla lingua. Spingo al contempo il bacino in avanti finché non riesco a incunearmi tra le tue cosce sode. Il mio cazzo. Lo senti premere contro di te. È un assillo durissimo che ti sta reclamando disperaratamente. 

Interrompi il contatto tra le nostre labbra e scosti il viso da me. Muovi le mani, sciogli la cintura e mi sfili via l'accappatoio dalle spalle. T'accovacci quindi tra le mie gambe, sempre arrampicata sui tacchi.

Abbasso la testa portando il mento sul petto e intercetto il tuo sguardo magnetico. Vengo trafitto dai tuoi occhi verdi prima che tu ingolli il mio uccello in modo da potertelo godere in bocca centimetro dopo centimetro.