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Questo blog contiene testi e immagini la cui fruizione è adatta esclusivamente a un pubblico adulto e consapevole.


I racconti qui pubblicati sono inoltre opera di fantasia. Ogni coincidenza con fatti reali e persone fisiche o giuridiche, realmente esistenti, o con enti, società, organizzazioni, gerarchie sia naturali che soprannaturali, è da ritenersi puramente causale.


mercoledì 29 ottobre 2008


Ontologia del Ratto



Sei arrampicata su un paio di scomodissime décolleté tacco dodici, immobile nella posizione di riposo dinanzi al mio lettuccio da bambine. Sono due ore che te ne stai così, cristallizzata come una statua, lo sguardo fisso nello specchio del mio armadio a tre ante. Il dolore che t'attanaglia piedi, polpacci, spalle e braccia s'è fatto insopportabile. Tiri un sospiro.



"Io, chi sono io, Ricciolina?"



È  la mia voce che parla. Ha il tono di sempre: gelido e dottorale.



"Rispondi. Te ne do il permesso."



Sono dietro di te, perso chissà dove nella stanza.



"Il Drago."



Odi i miei passi pesanti. S'avvicinano.



"Tu, cosa sei tu, Ricciolina?"



Inghiotti a vuoto.



"Un angelo, un angelo nero."



Ti sono accanto adesso. Vorresti girare la testa ma non osi. Le conseguenze per quest'atto di disobbedienza sarebbero terribili.



"Tu, cos'altro sei tu, Ricciolina?"



Socchiudi gl'occhi. Tiri un altro sospiro.



"Una bambola di carne su cui incidere ghirigori di sangue."



Mi piazzo davanti a te. Sono in anfibi e sui pantaloni della mimetica indosso una maglietta verde oliva colle maniche strappate.



"A chi appartiene la tua volontà?", ti domando sibilando tra i denti.



"A te solamente, Ratto."



Ti schiaffeggio la bocca, cattivo.



"Drago, non Ratto. Capito, Ricciolina?"



"Signorsì."



"Bene."



Prendo il guinzaglio del collare che porti intorno al collo.



"A terra", ordino.



Ti metti gattoni sul pavimento. Mi godo la vista del tuo sedere nudo.



"Drago?"



Hai sollevato lo sguardo verso di me. I tuoi occhi color nocciola dardeggiano.



"Mica vorresti trascinarmi in cucina a gustare una delle tue formidabili merende?"



Ti guardo scuro in viso.



"No."



Ti schiaccio una mano col tacco del mio anfibio sinistro.



"Tu ed io, Ricciolina, siamo parole, entità inesistenti, cartone."



Il dolore che fluisce dentro di te è un pungolo improvviso e lancinante. Ti sei bagnata quasi senza accorgertene.



"Scivoleremo quindi nel più profondo degl'abissi del Nulla."



Do un perentorio strattone al guinzaglio che ti tiene legata a me.



"Dove ciò che è non è e ciò che non è è."

lunedì 27 ottobre 2008


Red shoes



Sono dentro di te. Spingo più forte che posso. M'afferri la nuca. Cerchi la mia bocca. La trovi. Ci baciamo, avidi l'una dell'altro.



Ho il fiato corto. Mi scosto quindi da te per riempire i polmoni d'aria e pompare ancora più forte. Tu scivoli nell'inebriante abbraccio dell'ennesimo orgasmo.



Esco da te. Mi metto ginocchioni tra le tue cosce aperte. Ho sempre il fiato corto.



"Toglile", ti fo ansimando.



Aggrotti la fronte.



"Eh..."



"Il paio di scarpette rosse che indossi. Toglile."



Mi fissi.



"Perché mai?"



"Voglio bagnarti i piedi."



Inarchi un sopracciglio.



"Con cosa?"



Lancio un'occhiata al mio pene turgido e duro.



"Indovina."



Scuoti la testa.



"Porco."



Rido.



"Lapalisse."


E...



Sono seduto a uno dei tavoli del bistrot panoramico della Rinascente di Milano e sorseggio una Becks godendomi la vista delle guglie del Duomo. Non uso bicchiere. Bevo a canna come mio solito.



Giro lo sguardo verso la porta che collega l'attico della Rinascente al terrazzo del bistrot. Ti scorgo. Indossi un giubbino di pelle nera sopra un miniabito dello stesso colore. Hai le gambe nude e calzi un paio di décolleté tacco dodici che sono tutto un programma. Non porti gioielli e nel palmo della mano tieni stretta una pochette Yves Saint Laurent piuttosto sfiziosa.



Poso la Becks. Ti lancio un sorriso.



"Hai davvero un culo stupendo, Maya. Sembra scolpito nel marmo."



Sgrani gl'occhi.



"Uh... Grazie, Rat."



"Accomodati, dai."



Ti siedi dirimpetto a me accavallando le cosce. Te le sbircio sottecchi.



"Gradisci un drink? Che so, un chinotto, una spuma o una limonata all'arancia?"



Ridi.



"No. Sono a posto così."



"Contenta tu, contento anch'io."



Incollo la Becks alle labbra. Tracanno un bel sorso di birra.



"Permetti una domanda, Steel?"



Poso nuovamente la Becks sul tavolo e m'asciugo la bocca col dorso della mano.



"Certo, Maya. Stura le trombe. Son tutt'orecchie."



"Perché m'hai trascinato fin quassù? Non è che avessi questa gran voglia di vederti."



"Urgeva una comunicazione di servizio."



"Cioè?"



"Volevo dirti che i tuoi commenti a quanto scrivo su ManetteMatte son sempre bene accetti ma non ho bisogno di consigli su come gestire una Ricciolina. Penso di potermela cavare da solo. Eppoi..."



Riincollo la Becks alle labbra per gustarmi con molta calma le ultime gocce di birra.



"Eppoi che, Rat?"



Finisco la Becks e l'abbandono sconsolato sul tavolo.



"Eppoi tutte quelle raffinatezze a cui tu mi vorresti sottoporre..."



Frugo nella tasca sinistra dei jeans per estrarne un fazzoletto immacolato.



"Quali raffinatezze?"



"Lottare con me, staccarmi il cazzo a morsi, rompere un bicchiere per tagliuzzarmi i testicoli..."



Porto il fazzoletto al naso. Soffio energicamente.



"Dicevo... Quelle robine lì non sarebbe meglio praticarle dal vivo, fuori da questo teatrino dell'assurdo?"



Rimetto il fazzoletto in tasca e rutteggio. Colpa della troppa birra ingerita.



"Sai dove trovarmi, Maya. Combinare un incontro di petting boxe tra te e me non sarebbe impresa difficilissima."



Altro rutto.



"Io ti leggo. Però non mi sfriculli granché. Le parole sono cartone, aria fritta, fumo."



Vorresti replicare ma non te ne do la possibilità. Mi sono atomizzato svanendo nel nulla da buon azzerato.



"Che sorcio che sei", sbotti irata.



Uno squillino. T'è arrivato un sms sul cellulare. Peschi il telefonino dal fondo della pochette e apri l'icona dei messaggi ricevuti. Guardi il display.



"TUTTI I MIEI RACCONTI - sta scritto in lettere maiuscole - HANNO UNA NOTA STONATA. VEZZO DA PANTEGHE D'ACCIAIO."



Nuovo squillino. Secondo sms.



"IO LE DONNE LE POSSIEDO SEMPRE CON ESTREMA GENTILEZZA A MENO CHE NON VOGLIANO SODOMIZZARMI CON DILDI E ALTRI AGGEGGI CONSIMILI. IN TAL CASO PER LE SUDDETTE SON VERAMENTE DOLORI."



Ennesimo squillino. Terzo sms cubitale.



"NON COMMETTERE L'ERRORE DI GIUDICARMI SULLA BASE DI QUELLO CHE LEGGI. IO SON MOLTO DI PIU' DI QUATTRO PAROLE SCRITTE PER REGALARTI UN SORRISO. MOZZIKARELLOOOOOOOOO."



Serri le palpebre e arricci il naso. Hai cominciato a capirmi. Forse.

domenica 26 ottobre 2008


Domhnach na Fola



Bevo l'ultimo sorso di vodka e scaglio il bicchiere sul pavimento frantumandolo in mille pezzi. Mi chino sulle ginocchia. Frugo tra i rimasugli di vetro e raccolgo la scheggia più acuminata.



Mi rizzo in piedi. Inspiro profondamente e ti guardo. Sei stesa supina sul mio candido giaciglio, gl'occhi bendati e le mani legate alla testiera del letto. Sorrido.



"Ratto..."



"Zitta, Ricciolina, zitta."



Mi siedo sul bordo del materasso. Studio ogni curva del tuo corpo nudo, centimetro dopo centimetro.



"Ratto..."



"Silenzio!"



T'afferro una coscia e t'impongo d'aprire le gambe. Hai la vagina umida e socchiusa. Comincio a titillarti il clitoride coll'indice della mano che non impugna il frammento di vetro.



"Infliggere dolore mi diverte ma non mi porta all'eccitazione."



La mia voce ha assunto un tono gelido e dottorale come sempre accade quando pontifico.



"L'uso improprio delle armi da sparo mi da invece una bella scarica d'adrenalina. Se hai letto "La carne e l'acciaio" e "Il rapportino" sai a cosa alludo."



Smetto di masturbarti.



"Anche la vista del sangue ha su di me effetti non trascurabili."



Incido col vetro l'interno della tua coscia sinistra disegnando una "d" rosso porpora.



"Il Drago esiste ancora nonostante non indossi più le stellette."



Sono diventato duro. Mi disfo del vetro insanguinato.



"Basta concionare, Ricciolina."



M'arrampico su di te.



"Il tempo delle parole è finito."



Ti bacio avidamente. Poi ti possiedo con estrema gentilezza.


No



"No."



Socchiudo gl'occhi.



"No?"



"No."



Salgo su di te. T'inchiodo al letto col peso del mio corpo e ti prendo per il collo. Stringo.



"Apri le cosce."



Mi tempesti di pugni. Vana resistenza la tua. Io non cedo.



"Ricciolina..."



Allento la presa.



"Deciditi."



"Vaffanculo", sibili tra un ansimo e l'altro.



Torno a stringere.



"Questa sciarada comincia ad annoiarmi."



Hai i polmoni in deficit d'ossigeno e la vista annebbiata. Sei prossima  a perdere i sensi.



"Obbedisci."



Socchiudi le gambe.



"Finalmente..."



Ti lascio libera di respirare e, puntate le bracia sul materasso, ti penetro con veemenza e spingo. Non riesco però ad eccitarmi. Manca ancora qualcosa.



Esco da te e scendo dal letto. T'indico collo sguardo il mio pene eretto.



"Bacialo."



Scuoti la testa. M'avvicino a dove sei sdraiata. T'afferro per i capelli e ti costringo ad alzarti. Siamo l'uno di fronte all'altra adesso, naso contro naso.



"Sei un gran bastardo", sussurri con voce arrocata.



Non ribatto. Calo invece sulla tua bocca. Ti prendo il labbro inferiore tra i denti e ne mordo la carne tenera e succosa.



"Animale..."



Mi scosto da te e t'afferro con forza per le spalle. T'impongo d'accucciarti tra le mie cosce.



"Mangiami."



Protendo il bacino verso di te e m'offro in pasto. Tu sollevi il capo e mi fissi. Hai negl'occhi una luce strana.



"Potrei staccarti il cazzo con un morso se volessi. Lo sai vero?"



Sogghigno.



"Chi se ne frega."



Ti prendo la nuca con entrambe le mani e ti costringo a riempirti di me. Cominci a succhiare. Appena sento i tuoi denti, un fremito m'attraversa la schiena.


Grazie, angelo



Tiro il guinzaglio. T'attiro a me. I nostri visi si sfiorano. Ci respiriamo addosso.



"Grazie, angelo", sibilo sottovoce.



Tu non profferisci parola. Ti limiti a soffocarmi di baci.