Forever yours
Emergo dall'uscita del metrò. Controllo lo swatch. Le lancette dell'orologio segnano le undici meno sei.
"Sempre in anticipo", borbotto a fior di labbra. "Mai una volta fossi in orario."
Svolto a sinistra, avanzo di qualche passo e, posato sul selciato del marciapiade lo zaino Everlast che ho sulle spalle, mi piazzo di fronte alla porta d'ingresso del Multisala Barberini. L'attesa non dovrebbe essere lunga. L'appuntamento con te è fissato per le undici esatte.
I minuti si susseguono senza che tu compaia all'orizzonte. Infilo i Ray-Ban per proteggermi dalla luce del sole. Controllo nuovamente lo swatch. Sono le undici e uno. Tiro uno sbuffo.
Le undici e dieci. Pesco il cellulare dalla tasca dei jeans. Ti chiamo. Un messaggio automatico m'invita a riprovare più tardi visto che non sei al momento raggiungibile. Tiro un altro sbuffo.
Le undici e tredici. Comincio a pensare che non sia stata una buona idea quella di venirti a incontrare a Roma. Sei simpatica e m'intrighi ma non posso dire di conoscerti davvero. Anzi, se dovessi badare alla realtà dei fatti, tu cosa saresti per me? Una voce al telefono, un blog che non leggo e una foto sfocata decisamente brutta. Dovrei smettere d'imbarcare lo Steelrat in certe avventure. Eh sì.
Le undici e diciassette. Ho sete e una gran voglia di Becks. Inghiotto saliva.
Le undici e venti. Torno col pensiero al viaggio in treno di stamani. L'Eurostar delle otto e cinquantadue non era poi così affollato come temevo 1 e la tipa seduta sulla poltroncina di fianco alla mia non era male. Peccato fosse già impegnata. Ah la sfortuna.
Le undici e ventitré. Ti richiamo al cellulare. Solito messaggio automatico. "Le donne sono proprio un male necessario", sibilo. Ho tanta pazienza ma ora sono al limite.
Le undici e ventinove. L'uscita del metrò vomita una coppia di turisti. Lui è un colosso dai capelli fulvi e la faccia piena di lentiggini; lei una bionda mingherlina con un paio di gambe che sembrano due manici di scopa. Sono stranieri. Sicuramente americani. Mi fissano. Li fisso. S'avvicinano. Lentiggini mi chiede in un italiano passabile se so dove si trova la Fontana di Trevi. "Boh?", gli rispondo sorridente. "Domandalo al Bernini quando ti capita d'incrociarlo." La battuta non viene apprezzata: America inarca un sopracciglio e, colla bionda al seguito, se ne va scuro in viso. Io scrollo le spalle. Ho altro per la testa.
Le undici e trentadue. Comincio a temere che la tua latitanza sia una beffa ordita a mio danno. Odo un gorgoglio. È lo stomaco che reclama dalla fame. Sogno a occhi aperti un bel piatto fumante di bucatini alla matriciana.
Le undici e trentacinque. Una panda azzurro metallizzato colle barre portatutto sul tetto attraversa ruggendo Piazza Barberini. Giunta all'altezza del Multisala, gira a sinistra e s'invola su per Via Veneto. La spericolata fanciulla al volante di quel bolide targato LT è una vecchia conoscenza. Non riesco però a ricordare di chi si tratti. Invecchio. Perdo neuroni ogni giorno che passa. Cazzo.
"A bello!"
Mi riscuoto. Tolgo i Ray-Ban. Sbatto le palpebre. Ti metto a fuoco. Sei dinnanzi a me, sbucata da chissà dove e con uno splendido sorriso sulle labbra.
"Ciao."
Prendo le tue mani nelle mie. Sono morbide e delicate. Inspiro. Fiuto nell'aria un tenue sentore tra l'agrumato e il floreale. È certamente l'aroma del tuo profumo made Bulgari. Ti scruto. Hai la pelle dorata dal sole e ben calcati sul capo un paio di Blumarine con una montatura molto grande. I capelli li porti sciolti sulle spalle. Hanno una tonalità di rosso che non appariva in foto. Sono mossi e freschi di shampoo.
"Se po' sape' che te pija?"
Ridi.
"Nun me parevi 'n tipo tanto timido."
Continuo a osservarti. Hai il volto abbellito da un trucco ben dosato: rossetto arancio, fard e mascara volumizzante. Hai a tracolla una piccola borsa rossa, griffata Dolce e Gabbana. Indossi dei jeans stretti e una maglietta bianca aderente con uno scollo profondo. L'una e gl'altri sono coperti di strass. Hai i piedi nudi e calzi un paio d'infradito alte colla zeppa piena di brillantini. Sorrido.
"Aho?"
Non sei come m'ero immaginato che fossi. Proprio non lo sei.
"Er gatto t'ha magnato 'a lingua?"
Libero le mie mani dalle tue. Hai un décolleté che lascia incantati.
"No, è che m'hai furminato."
"Matto d'un fiorentino!"
"Te sbaij, ciumachella. Nun so' de Firenze e manco toscano purosangue."
Aggrotti la fronte.
"Davero?"
"Sine. So' pe 'n quarto emiliano. Nun l'hai sentito l'accento?"
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1 Detto Eurostar è stato sostituito dal 14 dicembre scorso dal Freccia Rossa delle otto e quarantanove. Il prezzo del biglietto è rimasto però inviariato. Che culo, eh?
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