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Questo blog contiene testi e immagini la cui fruizione è adatta esclusivamente a un pubblico adulto e consapevole.


I racconti qui pubblicati sono inoltre opera di fantasia. Ogni coincidenza con fatti reali e persone fisiche o giuridiche, realmente esistenti, o con enti, società, organizzazioni, gerarchie sia naturali che soprannaturali, è da ritenersi puramente causale.


lunedì 16 febbraio 2009


Shampoo



Odo uno scroscio d'acqua. Allungo una mano. Cerco. Esploro. Nulla. Incontro solamente la stoffa delle lenzuola. Tu non giaci più al mio fianco. Sei in bagno sotto la doccia.



Scucio le ciglia, apro gl'occhi e mi stiracchio grugnendo soddisfatto. Scendo dal letto. Vo alla portafinestra della camera e scosto le tende. Guardo quanto si profila oltre il parapetto del terrazzo: la piazza dei fruttivendoli ambulanti, i capannoni del porto, la sede dell'Ufficio Locale Marittimo, il molo sud, l'Adriatico. Socchiudo le palpebre e aguzzo lo sguardo. Le acque del mare, plumbee e cupe come il cielo che incombe su di esse, sono crespe a causa del vento che spira gelido da est. Sono attraversato da un brivido.



Lo scroscio d'acqua è sempre lì. Continua a vagare per la stanza insistente e invitante.



Sono attraversato da un altro brivido. Ho un'idea birichina. Giro sui talloni e caracollo fino alla porta della toilette. Prendo la maniglia. Tiro e precipito in bagno chiudendo la porta silenzioso e furtivo.



La stanza ha una temperatura molto gradevole. Tiro un sospiro e punto gl'occhi sul box della doccia. Ti scorgo di schiena dietro i vetri della cabina. La vista dei tuoi glutei sodi e formosi accende il mio desiderio. Mi tocco diventando subito duro. Afferro il Fructis dalla borsa da toilette che si trova sullo sgabello accanto al lavabo e apro le ante del box. Tu ti volti verso di me in preda a un forte spavento e con in mano una delle minuscole saponette dell'hotel. Inchiodi il tuo sguardo al mio. Ho una fame di te che neanche immagini. Perdo liquido seminale a più non posso.



"Ratto?"



Avanzo d'un passo ed entro nella cabina. Un getto d'acqua calda mi bagna torso e gambe.



"Oh..."



"Che ti prende?"



"Il solito, Rée: ho voglia di farmi uno shampoo."



Ti sollevi sulla punta dei piedi e m'insaponi la bocca con una mossa decisa.



"Matto."


Flambé



Getto lo sguardo fuori della finestra della veranda del ristorante. L'Adriatico è un'impenetrabile pozza d'oscurità in fondo alla spiaggia oltre la strada litoranea. Ho in bocca un vago sapore di campari e succo d'arancia. È quanto resta del Garibaldi, il cocktail che ho bevuto prima di cena all'Hemingway mangiucchiando una fitta schiera di crostini al ciauscolo.



Distolgo gl'occhi dal buio della notte e li punto sulla sala del ristorante. Scorgo il cameriere. Cammina verso di noi portando con sé una ciotola di vetro colma d'insalata e un piatto con sopra un foglio di carta d'alluminio accartocciato e fumante. Inarco le sopracciglia, sorpreso.



Il tale raggiunge il tavolo e distribuisce le ordinazioni: a te l'insalata; a me il foglio di carta d'alluminio. Abbasso lo sguardo e fisso il contenuto dell'involucro argentato. È un groviglio di spaghetti alla matriciana su cui arde una fiamma alimentata da chissà quale arcano portento. Alzo gl'occhi e ti guardo, perplesso.



"Senti un po', Rée: sai mica come spegnere questo rogo immane?"



Ridi.



"No, Ratto, è la prima volta che vedo una cosa del genere."



Cerco il cameriere collo sguardo ma non lo trovo. Il tale è uscito dalla sala per tornare in cucina.



"Cazzo."



Giro gl'occhi intorno a me, alla disperata ricerca d'un estintore.

giovedì 5 febbraio 2009


Bene, mi piace così



Apro gl'occhi. Ho la mente intorpidita. Sono ancora preda del sonno. Mi giro su un fianco. Guardo i numeri e le lancette fosforescenti della sveglia che staziona sul comodino. Sono le sei meno un quarto.



Torno supino. Stiro la schiena distendendo le braccia verso il soffitto della camera. Ho la pelle degli stinchi e delle ginocchia che brucia. È scottata. Il sole del Circeo non perdona e la crema solare della Coop non vale nulla. Tiro un sospiro.



Un ronzio. I tizi del piano di sopra hanno acceso il condizionatore. La cappa d'afa che avvolge Latina da giorni non da requie neppure la mattina presto. Viva, viva l'Agro Pontino!



Sono in piena erezione. Ho voglia. Ti cerco. M'incollo alla tua schiena. Premo la mia virilità contro di te.



"Nun rompe." Hai la voce roca e impastata. "So' stanca. Famme dormì."



Ti mordicchio il lobo d'un orecchio mentr'infilo una mano tra le tue cosce socchiuse.



"Basta, nun me tocca'."



Trovo la vagina. Ti penetro con un dito. Vorresti sfuggirmi. Ti divincoli. Io però non cedo e m'incollo a te viepiù.



"Lassame..."



Sei diventata umida. Coli. Ti pungolo quindi con maggiore insistenza.



"Vuoi proprio che smetta, ciumachella?"



"Sì..."



Il mio dito. Lo senti tutto dentro di te. Esplora, scava, titilla.



"No..."



Sorrido.



"Bene, mi piace così."



Sfilo il dito dal tuo tesoro e v'infilo il membro eretto. Una manovra decisa, quasi brutale. Sei un bollore. T'afferro per le spalle e spingo come un forsennato. Poi rallento il ritmo senza fermarmi.



"Sono sempre un pensiero impuro che non è peccato?", ti domando tra un ansimo e l'altro.



"Fetente", mi rispondi tu in balìa d'un orgasmo subdolo e bruciante.