A Happy New Year
Auguro ai miei pochi lettori un felicissimo anno nuovo.
Ho la vista appannata e son mezzo sbronzo. Non vedo l'ora d'infilarmi sotto le coperte.
Music
I miei gusti in fatto di musica son parecchio bislacchi. Passo da Beetoven alle Bananarama con molta disinvoltura. E questo il mio refrain preferito:
Tiens, voilà du bodin, voilà du bodin, voilà du bodin,
Pour les Alsaciens, les Suisses et les Lorrains,
Pour les Belges, y en a plus,
Pour les Belges, y en a plus,
Ce sont des tireurs au cul.
La Legione è un'altra delle mie "fisse". L'Armée non m'arruola però. Sarei troppo vecchio per certe imprese. Mah!
Marines e samuraie
Torno al fumetto di prima. Non sapevo leggere ma la trama riuscii a seguirla lo stesso. Cinque marines vengon fatti prigioneri dai giapponesi e rinchiusi in un campo di concentramento. Colà devono vedersela con un'ufficialessa provvista di frusta e catana che gliene combina di tutti i colori. Uno sballo per un rattuccio di latta com'ero io all'epoca.
Eros e fumetti
Mi sono accostato alla pornografia in tenera età. Ho sfogliato il primo fumetto erotico a cinque anni dopo averlo sottratto a una certa "collezione" *. Ero eccitato ma non capivo perché. Il motivo l'avrei scoperto qualche anno più tardi sbirciando dal barbiere alcune riviste illustrate molto interessanti.
* La "collezione" da me saccheggiata, tengo a precisare, apparteneva a uno stimato profesionista che era amico dei miei genitori.
Dolore e sofferenza
Dialogo intercorso tra Steelrat e il Cattivo Tenente qualche tempo fa.
- O sadico, come butta?
- Male.
- Mi spiace.
- A me no.
- O perché?
- Non mi va di spiegartelo.
- Non fare il grullo. Rispondi.
- Il dolore e la sofferenza rendono forti. Basta non cadere nello sconforto.
- Puttanate.
- Puttanate, bestia dannata? Prova a riflettere e mi darai ragione.
- Mmm... Quando cogiti, te sei peggio del Signor Capo.
Penne o spaghetti?
In seconda liceo a me e ad alcune delle mie compagne di classe capitò di parlare di sesso con la professoressa d'italiano. I termini esatti della discussione non li ricordo più. La conclusione sì: conoscersi intimamente è come mangiare un piatto di pasta. "Penne o spaghetti?", domandai io alle mie graziose interlocutrici. Non ebbi risposta.
Fragole e ciliegie
E' aprile. Il sole splende nel cielo terso. Un filo di vento agita le pagine del libro che ho con me. Sto cercando di leggerlo da ore ma non riesco a concentrarmi. Ho il cervello e il cuore imballati.
Sono seduto su una panchina. Di fronte a me si profilano le rovine imponenti delle Terme di Caracalla. "Il giardino delle meraviglie di Merja", penso digrignando i denti. "Mi avrà trascinato qui non so quante volte."
Chiudo gli occhi e tiro un sospiro. La mia anima è logora e sfinita. Vorrei cadere nel nulla e rimanervi azzerato per sempre.
Odo dei passi che si avvicinano. Apro gli occhi, alzo il capo e ti vedo. Sei in scarpe da ginnastica e hai su dei jeans molto stretti e una felpina bianca con zip, tasconi e cappuccio.
"Ciao", ti fo dopo essermi sollevato in piedi.
Mi fissi senza parlare.
"Il silenzio è assordante tanto quanto mille voci insieme."
Sorridi.
"Sei il solito scemo."
"Bischero, per favore, non scemo."
"E la differenza in che consisterebbe, scusa?"
"Nelle parole."
Sbuffi.
"Hai voglia di giocare?"
Ti carezzo i lunghi capelli castani.
"No."
Mi fissi di nuovo. I tuoi occhi verdemare hanno un che d'ipnotico.
"Oggi chi sei? Il Ratto non credo."
"Indovina."
Ti sfioro le labbra con le mie. Sai di fragole e ciliegie.
Kirsi *
Una parola gentile sussurrata dolcemente.
* E' finnico. Tradotto in italiano significa "ciliegia". E' anche nome proprio femminile. Di Kirsi ne ho conosciute due. La seconda era una specie di cowboy in gonnella. Studiava legge a Helsinki e proveniva da una famiglia di agricoltori stabilitisi in Lapponia da tempi immemorabili.
Precisazioni
Oggi sono in vena di precisazioni. Eccovene alcune.
L'idea che si ha di una persona, il più delle volte, si rivela una vana illusione.
A me piace raccontare, non scrivere.
Destesto la comunicazione che è puro contenuto.
Ho dei guizzi letterari irrefrenabili.
Mi ficco negli inbox altrui perché son diventato un e-maildipendente.
Conosco gente rispettabile che ha manie peggiori delle mie.
A quel paese ci vo spesso.
Non ho mai promesso leccatine a chicchessia pur avendo lavorato all'Algida e alla Sammontana.
Linko chi me lo chiede o chi me ne da il permesso.
Regalo carezze e baci perugina.
Io, in questo mondo di cartone, sono e, al contempo, non sono.
Ogni mio "io" è parte di me e quindi, pur mutando, son sempre lo stesso.
Amo i paradossi e i paradossi amano me.
I ratti son meglio dei camaleonti. Hanno più stile e simpatia.
Le donne non mi danno acidità. I peperoni sì.
Son tenente. Ho due stelle. Era inevitabile che finissi per incocciare la Sceriffa che di stelle ne ha una sola.
Internet è una merda
Ieri ho avuto l'ennesima riprova che Internet, come mezzo di comunicazione interpersonale, è una merda. O non ci si capisce o ci si fraintende, il che è peggio. Di qui la citazione che sto per regalarvi: "i mezzi meccanici di comunicazione sono molto importanti, ma sono soltanto strumenti ausiliari. Nulla può sostituire l'incontro personale fra esseri umani".
Miscellanea di luoghi comuni
Donna è sinonimo di danno.
Donna al volante pericolo costante *.
Cercare di capire una donna è tempo perso.
Voi uomini servite solo a quello.
* Per la cronaca: da quando ho la patente, sono incorso in due incidenti stradali, entrambi provocati da una gentil fanciulla motorizzata.
Birra, pan carré e salame
E' un'uggiosa domenica pomeriggio di metà dicembre. Ho appuntamento con te alle cinque e sono piuttosto eccitato. E' la prima volta che ti incontro dal vivo e non sto nella pelle.
Sono in alta uniforme invernale: giubba color salmone, pantaloni e papillon blu e camicia bianca con gemelli. Ho i capelli lustri di brillantina e i piedi serrati in delle scarpe inglesi cucite a mano e più dure dell'acciaio balistico.
"Sarà bene che io ti piaccia in questo look da mezza sega", mormoro tra me. "Sennò ti piglio a leccate sulle gote."
Sono alla tua porta. Suono il campanello. Tre trilli da ratto in visita di cortesia.
Mi vieni ad aprire. Indossi una camicetta caki e una gonna plissettata nera lunga fino al ginocchio. Hai le gambe avvolte in dei collant color carne e calzi un paio di ballerine tacco sette molto intriganti.
"Steel, immagino", mi fai mentre, con la mano destra, ti riavvii i riccioli bruni.
"Indovinato."
Mi fissi. I tuoi occhi "verdastri" non sono così brutti come me li avevi dipinti per e-mail.
"Davvero originale la tua giacca. Dove l'hai rimediata?"
"Al mercatino americano di Livorno. Do you like it, sweetie?"
Sorridi.
"Sì."
Ti scruto. Hai un fisico esile ma con tutte le curve al posto giusto.
"Ora che mi vedi di persona, cosa pensi del sottoscritto? Metto paura?"
"No, però ti credevo più vecchio. Quanti anni hai?"
"Meno di zero."
Mi fissi.
"Sei il solito bischero."
"Me lo dicono in parecchi. Chissà perché?"
"Entra. Si gela qui fuori."
Mi accomodo in un ampio salone e do una sbirciatina in giro. Noto nell'ordine: una rampa di scale che sale alle stanze superiori, un tavolino di tek che separa due poltrone da un divano e una porta ad arco che immette in una sala da pranzo spartanamente arredata.
"Bella tana", ti fo. "Vivi con i tuoi?"
"Sì."
"Dove sono?"
"Fuori."
"Quando tornano?"
"Alle otto. Perché vuoi saperlo?"
"Semplice curiosità professionale."
Mi guardi.
"Chiariamo subito un concetto, maniaco. Con me niente sesso. Rassegnati."
"Sicuro?"
"Sicuro."
Mi ficco le mani in tasca e sbuffo.
"Vabbe', Blackie, io ci ho provato come da copione. E ora che si combina?"
"Gradiresti una tazza di tè?"
Scuoto la testa.
"Meglio una birra e, visto che vai in cucina, portami pure due o tre cosucce da ruminare. Ho sempre fame quando una squinzia mi da il due di picche."
"Ti serve qualcos'altro?"
"Sì, ma, per amor dell'italiano, è bene che freni la lingua."
Mi guardi. Stai per aprir bocca ma ci ripensi e scompari nella sala da pranzo. Io mi siedo sul divano. Ho caldo. Così mi levo il papillon e sbottono il collo della camicia.
"Io son tipo da angiporti e non da linde villette", sibilo. "Come posso cavarmi da questo casino senza ferire la mia gentile ospite?"
Comincio a pensare. Le idee, però, latitano. Sudo. Mi tolgo la giubba e i gemelli e arriccio le maniche della camicia fino ai gomiti.
Quando torni da me, sono sullo sbracato andante. Posi un vassoio sul tavolino di tek. Finalmente si mangia. Ti metti comoda sulla poltrona dirimpetto a me.
"Ti ho preparato cinque sandwich al salame. Il pane è a cassetta perché quello casereccio l'avevo finito. Spero ti piacciano."
Piglio un panino e lo ingollo.
"Don't worry, sweetie, mi garbano uno sballo."
Ne afferro un altro e lo divoro.
"Mangi come un cafone."
"Lo so."
"Non conosci le buone maniere?"
"Oggi no."
Mi fissi e ti batti il capo con l'indice della mano sinistra.
"Sei matto come un cavallo."
"P.d."
"Eh?"
"P.d.: può darsi. A volte è meglio parlar per sigle."
Accavalli le gambe. La gonna plissettata sale dove non dovrebbe. Sgrano gli occhi. Mi è venuta una sete improvvisa.
"Blackie?"
"Oh?"
"Ho la gola secca. Passami la birra, please."
Scavalli le gambe, ti chini sul tavolino e pigli l'Heineken che si trova sul vassoio. Mi scappa un risolino.
"Perché ridi?", mi domandi. Ti sei alzata in piedi, la bottiglietta di birra stretta nelle mani.
"Ho dato una sbirciatina al tuo tesoro. E' celato dietro delle mutandine a cuori che sono la fine del mondo. Dove posso andarle a comprare? Vorrei farne un regalo di natale a tutte le bimbe che mi vogliono bene, virtuali e non."
Piazzale Loreto numero 9
Sono le tre di mattina. Ho fame, freddo e sonno. Ficco le mani nelle tasche ventrali del mio giubbotto da pilota e mi metto a camminare lungo il marciapiede verso il luogo del rendez-vous. Piazzale Loreto è deserto tranne che per un paio di puttane e i soliti afficionados.
"Milan est toujour Milan", mormoro. "Bella di giorno, cupa e tenebrosa di notte."
Mi fermo. Sono arrivato al civico 9, dove mi avevi detto di aspettarti. Tiro un sospiro. Non vedo l'ora di incontrarti. Da quando siamo amici di tastiera, muoio dalla voglia di capire chi sei e cosa esattamente mi attrae in te.
Ho la schiena e le gambe indolenzite. Per venire fin lì da Firenze mi sono fatto con la mia Ypsilon "nove più uno" l'autosole e relativi cantieri, la tangenziale est, uno svincolo, tre strade, due piazze e una stradina a esse.
"Porca manetta", penso. "Non ho più il fisico per reggere simili pazzie. La vita da bertuccia dello Yukon che vo conducendo da qualche mese a questa parte mi ha proprio rammollito."
Odo un rombo di motore e uno stridio di gomme. Volto la testa nella direzione del rumore e scorgo una Saab Sport Sedan grigio argento che si è appena infilata nel Piazzale da Via Battaglia.
"Quelle bagnole!", sibilo. "Io, però, una femmina del tuo calibro me l'ero immaginata su un'Aston Martin Vanquish nero metalizzato."
La Saab si arresta a pochi metri da me e accende le luci d'emergenza. Mi scappa un sorriso.
"Brava bambina", mormoro. "Bisogna sempre rispettare il Nuovo Codice della Strada. Sennò sono cazzi molto acidi. Te lo dice uno che, in certe materie, ne sa più di te."
La vettura grigia spegne il motore. Si apre lo sportello di sinistra. Ne scendi tu e mi fissi. I tuoi occhi sono un pozzo di tenebra.
Ti avvicini. Hai intorno al collo una sciarpa di cashmere rossa e indossi un cappotto nero e dei pantaloni "à la mâle", dello stesso colore. Sei senza guanti e calzi un paio di stivali tacco otto.
Siamo l'una di fronte all'altro, naso contro naso.
"Così tu saresti lo Steelrat", mi fai.
"In carne e ossa."
"Mi sembri uno come tanti."
Ho un sogghigno.
"Può essere."
Mi dai una sberla.
"Regola numero uno, baby: qui comando io."
Ho un altro sogghigno e ti mollo due ceffoni, uno più forte dell'altro.
"Regola numero due: non chiamarmi baby. Regola numero tre: comandi tu perché sono io che te lo permetto."
Stringi i tuoi stupendi occhi scuri e mi dai una seconda sberla.
"Regola numero quattro: tu devi parlare solo quando interrogato. Capito, ratto dei miei fondelli?"
Ti rimollo un ceffone.
"Regola numero cinque: la lingua è mia e la gestisco come meglio credo."
Allunghi una mano verso di me e mi graffi una guancia con le tue unghie smaltate di rosso.
"Regola numero sei: devi obbedirmi senza discutere."
Ti afferro per la gola e stringo. Sono adirato e, com'era prevedibile, ho snudato le zanne.
"Regola numero sette: il dolore non mi eccita. Mi fa solo incazzare. E se io mi incazzo, gli effetti sono questi."
Allento la presa e ti allontano da me. Ho l'adrenalina a mille e una voglia matta di spaccar teste. Ti guardo. Hai delle cosce che sono una delizia. Ho l'acquolina. Devo deglutire.
Cala il silenzio. Tu fissi me e io fisso te. Vorrei riempirmi del tuo sapore ma mi trattengo. Basta una mossa sbagliata da parte tua e io esploderei di nuovo con chissà quali conseguenze.
"Steel?"
Insipiro e espiro profondamente.
"Dimmi."
"Forse è più saggio non darsi nessuna regola."
"Je suis d'accord, ma sœur. Pigliamo le cose come vengono."
Mi carezzi la gota ferita.
"Ti ho fatto male?"
"Un pò. E a te è piaciuta la mia morsa d'acciaio?"
Sorridi.
"Sì, l'ho trovata molto stimolante."
Do un'occhiata all'orologio.
"Sono le quattro e io me ne devo tornare a casa di corsa. I nostri affarucci è meglio rimandarli al prossimo incontro, ok?"
Annuisci con un cenno del capo.
"Ti ho prenotato una camera all'Hotel Londra di Firenze. La numero trecentotredici. Vediamoci lì quando hai voglia di me. Io, per quella cosa, sono sempre pronto."
Mi guardi dritto negli occhi.
"Scusa, mon frère, ma non mi è chiaro un concetto. Tu quella cosa come intenderesti combinarla? Come un vanilla 1 in luna di miele? Io sotto, tu sopra e vai di ginnastica?"
Ti fisso. Hai una bocca meravigliosa.
"Puoi portarti dietro la tua attrezzatura da campo se proprio non riesci a farne a meno."
"La mia che?"
"La tua attrezzatura da campo: manette, fruste e gingilli vari. Può darsi che ti consenta di usarli su di me o su di te."
Mi vieni addosso come un bulldozer impazzito. Ti resisto a malapena.
"Tu chi accidenti credi di essere?", mi strilli sul muso.
"Uno, nessuno, centomila", ti rispondo mentre, con un'abile mossa, ti stampo un bacino sulla punta del naso.
1 Nota per i non iniziati: per "vanilla" intendesi l'eterosessuale perfetto, il "normale" per eccellenza.
Tre perle di saggezza
Da Le massime del Signor Capo, cit., p. 1000.
I difetti di una persona sono anche le sue qualità migliori.
Le profumerie vendono sogni ed essenze.
I numeri son numeri eccetto lo zero (0) e l'ottantasette (87) *.
* Nota per i non iniziati: l'ottantasette, così come lo intende il Signor Capo, andrebbe letto in verticale e non in orizzontale.