Fragole e ciliegie
E' aprile. Il sole splende nel cielo terso. Un filo di vento agita le pagine del libro che ho con me. Sto cercando di leggerlo da ore ma non riesco a concentrarmi. Ho il cervello e il cuore imballati.
Sono seduto su una panchina. Di fronte a me si profilano le rovine imponenti delle Terme di Caracalla. "Il giardino delle meraviglie di Merja", penso digrignando i denti. "Mi avrà trascinato qui non so quante volte."
Chiudo gli occhi e tiro un sospiro. La mia anima è logora e sfinita. Vorrei cadere nel nulla e rimanervi azzerato per sempre.
Odo dei passi che si avvicinano. Apro gli occhi, alzo il capo e ti vedo. Sei in scarpe da ginnastica e hai su dei jeans molto stretti e una felpina bianca con zip, tasconi e cappuccio.
"Ciao", ti fo dopo essermi sollevato in piedi.
Mi fissi senza parlare.
"Il silenzio è assordante tanto quanto mille voci insieme."
Sorridi.
"Sei il solito scemo."
"Bischero, per favore, non scemo."
"E la differenza in che consisterebbe, scusa?"
"Nelle parole."
Sbuffi.
"Hai voglia di giocare?"
Ti carezzo i lunghi capelli castani.
"No."
Mi fissi di nuovo. I tuoi occhi verdemare hanno un che d'ipnotico.
"Oggi chi sei? Il Ratto non credo."
"Indovina."
Ti sfioro le labbra con le mie. Sai di fragole e ciliegie.
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