Ogni salamella è trincea
(segue)
Il tuo soggiorno. Una stanza vissuta. Bivacco sul divano, davanti al Mivar, quello ventotto pollici. E' acceso. Erutta parole, musica e immagini di cui non m'importa nulla. Sono completamente assorto nei miei pensieri lucidi.
Rumori. Una chiave che gira nella toppa. Una porta che si apre e che si chiude. Tu che torni dal lavoro. Tardi come al solito.
Ro. L'unica donna che non volevo per musa.
"David?"
Ti lancio un'occhiata torva, chiuso nel mio mutismo.
"Brutta giornata?"
Accenno di sì col capo.
"Hai mangiato?"
Un cenno di diniego. Sempre colla testa.
Vieni vicino a dove sono seduto. Mi carezzi una spalla. Poi scompari in cucina. I tuoi gatti t'accolgono felici. Uno, Pisolo sicuramente, miagola a tutto spiano.
Sbuffo. Prendo il telecomando. Spengo la tv. Ho voglia di silenzio.
I minuti passano lenti e inesorabili.
"Bellezza?"
"Oh?"
"Apparecchia la tavola. Butto la pasta."
Mi sollevo dal divano.
"Che pasta, Ro?"
"Fusilli."
Mi scappa da ridere. Quello è alimento da entità astratte.
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