Avviso ai naviganti


Questo blog contiene testi e immagini la cui fruizione è adatta esclusivamente a un pubblico adulto e consapevole.


I racconti qui pubblicati sono inoltre opera di fantasia. Ogni coincidenza con fatti reali e persone fisiche o giuridiche, realmente esistenti, o con enti, società, organizzazioni, gerarchie sia naturali che soprannaturali, è da ritenersi puramente causale.


mercoledì 30 novembre 2005


Il sesso virtuale



Steelrat al Signor Capo prima dell'ultima avventura online.



Il sesso virtuale è pura strategia. Io son solo un tattico. Lecco, mordo e alla bisogna...


Aforisma o boutade?



Se non mordo, godo solo a metà.


L'empatia



Dialogo avvenuto nel nulla tra il Signor Capo e Nemo (ancora sofferente ma in via di guarigione)



- Amico mio, come stai?



- Meglio di ieri ma ho sempre delle ricadute. Continuo a pensare a lei, capisci?



- Studia. Vedrai che passa.



- Non posso. Ho il cervello imballato.



- Naufrago?



- Oh?



- Lo sai cos'è che ti frega?



- No.



- L'empatia.


Il pancino, il sedere e le cosce



Il pancino e il sedere di una donna li adoro. Anche le cosce mi piacciono. M'ispirano sempre pensieri molto filosofici. Dei piedi ho già parlato. Quindi non vi torno sopra.


Il seno



Il seno è la parte dell'anatomia femminile che m'interessa meno di tutte. "O come mai?", m'ha chiesto una volta Angelina. "Perché son stato svezzato tardi", le ho risposto.


Gentile Utente



Il Gentile Utente è il mio "io" che entra in relazione con quelli del Customer Care di Yahoo. E' il più coglionato di tutti.

martedì 29 novembre 2005


Pane e Cicciolina



Io son cresciuto a pane e Cicciolina. L'Ilona, quand'ero ragazzino, la vedevi ovunque. Poi è venuta la Moana ma quella è un'altra storia. Comunque sia, la mia attrice preferita era la Ileana Carisio, alias Ramba *. Il suo Schmeisser m.p. ** 38/40 con calcio ripiegabile m'è rimasto impresso.



* Parla il Doctorcock: la bimba era altresì nota sotto il nome di Malù o Ramba Malù. Tempo fa è uscito anche un fumetto su di lei. Era disegnato molto bene, mi pare.



** Nota per i non fissati: "m.p." sta per "machinenpistole", ovvero "pistola mitragliatrice" o giù di lì.


Il No e il Sì



Scambio di battute intervenuto poco fa tra Steelrat e Nemo (un pò meno sofferente vista la recente rinascita)



- Naufrago, com'è? Benino?



- No, son sempre nella merda.



- Ancora non l'hai presa come viene?



- Tu che dici?



- Io non dico nulla. Son Ratto. Lecco e basta.



- Beato te.



- Visto che siam qui, posso farti una domanda?



- Dimmi.



- Com'è il "no" delle donne?



- Un'accetta.



- E il "sì"?



- Una trappola.



- La butti così perché sei ancora amaraggiato.



- Può essere, Ratto, può essere.


Il Sottoscritto



Il Sottoscritto è il mio "io" più burocratico. In rete ci viene poco. Guarda se c'è un concorso pubblico che può interessarlo e, se non lo trova, se la fila dal serraglio. Lo detestiamo in parecchi.


Perle di saggezza



Da Le massime del Signor Capo, cit., p. 333 ss.



Il risentimento non porta da nessuna parte. T'avvelena e basta.



Lo scritto è un macigno.



La felicità, quella vera, si ha quando la vita è come vorremmo che fosse.



Uccidere i sogni è una cattiveria.



Meglio soffrire che sentirsi morti dentro.



Il sesso senza un pò di sentimento è solo seme che cola.



Le ragazze più belle sono quelle che, a prima vista, non t'ispirano granché.


Love affairs



Da La vita secondo il Grande Orbo, Dall'Oglio Editore, Milano, Anno XX (1942), p. 45.



Le donne ti fanno soffrire? Diventa finocchio!

domenica 27 novembre 2005


Senza titolo



Sono sotto casa tua. Non abbiamo appuntamento ma sono venuto lo stesso. Non riuscivo a starti lontano, proprio non gliela facevo.



Suono il campanello.



"Chi è?", mi chiedi dal citofono.



"Io."



Cala il silenzio.



"Ti sei invitato da te?"



"Sì."



Uno scatto.



"Passa."



Apro il portone e vengo su. Arrivo sul pianerottolo. Mi guardo intorno.  Vedo la porta del tuo appartamento. Ha i battenti socchiusi come al solito. Entro e chiudo.



Il corridoio è deserto così come il soggiorno e il cucinotto. Non mi scoraggio. So dove trovarti. Mi precipito in camera.



Stai seduta sul letto, le ginocchia strette tra le mani. Hai i piedi nudi e indossi una felpa rossa e dei jeans stinti. Sei uno splendore.



Mi sistemo sul letto dirimpetto a te. Allungo una mano e ti carezzo una caviglia. La tua pelle è liscia e morbida.



Mi fissi. I tuoi occhi sono un mare in cui mi sarebbe dolce naufragare.



"Nemo?"



Ti guardo. Sono tuo, solo tuo.



"Oh?"



"Non voglio fare sesso."



"Neanch'io."



"Perché sei qui allora?"



"Volevo vederti. Tutto qui."

sabato 26 novembre 2005


Il Cavalleggero



Il Cavalleggero è l'"io" più gentile ed educato del mio serraglio. E' un vero gentleman che ha uno spiccato senso dell'onore. La sua parola è un impegno.


La spietatezza delle donne



Dialogo intercorso ier notte tra Steelrat e Nemo sofferente.



- Naufrago, sei mogio. O come mai?



- M'è capitata una grave iattura.



- Cioè?



- Mi son scontrato con la spietatezza delle donne.



- Ti sei fatto male?



- Parecchio. Non ho la tua pelle d'acciaio, io.



- Pigliala come viene, bello. E' meglio.  

venerdì 25 novembre 2005


Donne a confronto



Nemo, una volta, uscì con questa frase sibillina: "Angelina è ciò che Fujiko non è." Me e gli altri "io" non l'abbiamo mai capita *. Ci è riuscito solo il Signor Capo dopo essersi chiuso nel suo pensatoio per una settimana intera.



* Scusate il pessimo italiano. Quando si è una moltidudine, ci s'incarta spesso in plurali assurdi.


Sempre a proposito di feticismo



Brevissimo scambio di battute avvenuto nel mio profondo tra il Signor Capo e Steelrat.



- Ratto!



- Comandi, Signor Capo!



- Ti piacciono i piedini di Angelina?



- Sì.



- E quelli di Fujiko? Li adori allo stesso modo?



- Sì.



- Perché?



- Perché son meglio d'un sistema.



 


Lo Scorpione del Deserto



Lo Scorpione del Deserto * è il mio "io" più sotterraneo. Ha un bell'arsenale: parole e veleno. Quand'è in vena, si comporta peggio del Cattivo Tenente, il che è tutto dire.



* O "Pungy" per gli amici più cari.


Alessia



Alessia, che i lettori di Fujiko conoscono sotto il nome di Mariuccia, è uno splendido avvocato. Vincerebbe sicuramente la "Prova del cuoco". Sa rigirare le frittate come pochi.

giovedì 24 novembre 2005


I sandali tacco diciassette



Sono davanti al portone di casa tua. Ci eravamo dati appuntamento per le otto ma io, come sempre, sono in anticipo di una buona mezzora.



"Icche fo?", penso. "Suono il campanello o aspetto?"



Mi decido e do una bella premuta al bottone dorato sopra il tuo cognome.



"Chi è?", mi chiedi dal citofono.



"Son io."



"Io chi?"



"Uno, nessuno, centomila."



"Sei il solito bischero."



"Già."



Cala un silenzio assordante. Fisso il campanello in cerca di chissà che.



"Ratto?"



"Eh?"



"Piglia le scale. L'ascensore è rotto."



Uno scatto. Il portone si è aperto.



"Hyvä!"



Fo le scale a due a due e, quand'arrivo sul pianerottolo del terzo piano, sono senza fiato. Mi guardo intorno. Noto una porta coi battenti socchiusi. E' quella del tuo appartamento. Entro a passo di tamburo e chiudo. Il corridoio è deserto così come il soggiorno e il cucinotto.



"Ohi", mormoro. "Sento odor di manette."



Sto per girare sui tacchi quando vedo un foglio di quaderno. E' appeso alla porta della camera da letto con un pezzo di scotch rosso.



"FIFONE", c'è scritto a lettere cubitali.



Inghiotto a vuoto.



"Angelina", penso. "Non farmi questo, ti prego."



"Ratto?", ti sento dire da dietro la porta.



"Oh?"



"Son qui tutta per te."



Tiro un sospiro e apro la porta. Tu sei piantata in mezzo alla stanza di fronte al letto. Hai i lunghi capelli corvini sciolti sulle spalle e indossi una sottoveste bluette molto fine. L'aroma del tuo del tuo profumo è tremendamente sexy.



Mi fissi. I tuoi occhi neri mi strizzano l'anima. Ho un groppo in gola.



"Non ho messo i sandali tacco diciassette", mi fai con un filo di voce. "Ti secca?"



Ti fisso a mia volta. Sei una creatura adorabile con o senza certi orpelli.



"No."



"Sicuro?"



"Sicurissimo."


Son feticista ...ma solo un pochettino



I piedini di Angelina sono una meraviglia. Piccoli, bianchi, ben proporzionati. Se li abbellisse con certe calzature, io andrei in estasi. Garantito all'acqua ragia!


Feticismo



Sempre dal Dizionario etimologico online.



Feticismo Il culto de' feticci (v. Feticcio) e per estens. Cieca adorazione d'una persona, de' suoi difetti, de' suoi capricci ed anche d'un sistema.


Feticcio



Dal Dizionario etimologico online.



Feticcio fr. fétiche; sp. hechizo (per fechizo): dal port. fetiço, che trae dal lat. factìtium fatticcio, manufatto, artificiale da fàctum, fatto, (cfr. Fattizio) e che in portoghese ha preso al sostantivo il signific. d'incantesimo, di sortilegio, donde quello di oggetto incantato (cfr. Fattura). L'origine da FADA fata indicata da altri è sbagliata. _ Idolo grossolano (animale, pietra, pianta e simili), che adorano i negri delle coste occidentali dell'Africa e anche dell'interno fino alla Nubia.



[Nome venuto dal Portogallo, patria di noti e intrepidi viaggiatori].



Deriv. Feticismo; Feticista.


I messaggi nella bottiglia



Quand'ero naufrago nel nulla, inviavo spesso dei messaggi nella bottiglia. Eccovene uno:



Bambina, io ti voglio. Punto.

mercoledì 23 novembre 2005


Belmembro



Belmembro * è un "io" parente stretto di Ganimede. Pensa di avere un pisello notevole e cerca una bimba gentile che glielo fotografi. Anche lui fo fatica a capirlo ma lo piglio così com'è.



* Sì, ragazzi, avete letto bene. E' tutto attaccato.


A scuola di finnico (terza lezione bis dedicata ai fissati di tutti i generi)



Onko sinulla pisamia rinnassa?



Ce le hai le lentiggini sulle poppe?



Saanko purra sinua?



Posso darti un morso? La formula qui utilizzata è molto cortese.



Saanko naida sinua?



Posso scopare con te? La cortesia della formula è quella di prima.


A scuola di finnico (terza lezione)



Olet kaunis.



Sei bella.



Rakastan sinua.



Ti amo.



Saanko suudella sinua?



Posso darti un bacio?


A scuola di finnico (seconda lezione)



Pusu.



Bacino (quello amichevole, senza intenzioni recondite).



Suukko.



Bacio (quello dato sulla bocca tanto per perdere tempo).



Suudelma.



Bacio (quello dato con trasporto e che non finisce mai).


A scuola di finnico (prima lezione)



Minun nimeni on...



Io mi chiamo...



Mikä sinun nimi on?



Tu come ti chiami?



Onko sinulla poika ystävää?



Ce l'hai il ragazzo?



Due sono le risposte.



Kyllä



Sì ( e son cazzi vostri).



Ei.



No (e potete continuare a provarci).


Mr. None



Mr. None è l'"io" fratellastro di Nemo. Non è italico però. Le sue ascendenze sono britanniche, neozelandesi o americane. Io lo conosco poco. Gli ho parlato solo due volte. Se volete notizie di lui, dovete chiedere a Fujiko, non a me.


Angelina



Ogni Ratto d'acciaio che si rispetti è accompagnato dalla sua Angelina. Anch'io ho questa fortuna. E' una femmina che fa soffrire e palpitare. Ve la presenterò appena posso. Oggi son solo in vena di zingarate.


Doctorcock



Doctorcock è il mio "io" accademico. In certe materie non lo batte nessuno.


Il Nuovo Codice della Strada (Decreto Legislativo 30 aprile 1992 n. 285)



Il Brasiliano è uno che conosce il Nuovo Codice della Strada a menadito. Le sue lezioni sul segnale mobile di pericolo * son rimaste memorabili.



* Noi comuni mortali lo chiamiamo "triangolo".

martedì 22 novembre 2005


Simona



Dialogo intercorso qualche anno fa tra me e una sexy centralinista molto simpatica.



Ciao, io sono Simona. Tu come ti chiami?



Nessuno.



Nessuno?



Sì, Nessuno.



S'ode un fruscio. E' rimasta senza parole. A volte fo quest'effetto.



Da dove chiami?



Da Firenze. Però mi sento parecchio finlandese.



Un altro fruscio. Adesso non sa più da che verso pigliarmi.



Quanti anni hai?



Uno in più dell'anno scorso.



Hai voglia di coglionare?



No, voglio eccitarmi. Aiutami, ti prego.



Ricominciamo daccapo, ok?



Hyvä.



Si pronuncia "uva" o giù di lì.



Eh?



E' finnico. Significa "va bene".



Io mi chiamo Simona. E tu?



Nessuno.



Un sospiro, forse di rassegnazione.



Quanti anni hai?



Ventisette.



Da dove chiami?



Da Firenze. E tu da dove parli?



Da Milano.



Son stato militare da quelle parti. Fate un risotto che è la fine del mondo. Sai cucinare?



Un poco.



Cosa?



Di tutto un pò.



Brava. Lo sai come dice il proverbio? "Femmina cuciniera pigliala per mugliera; femmina piccante pigliala per amante". O era mogliera? Boh?



Lavori?



No, studio. E tu?



Anch'io. Fo giurisprudenza.



Giurisprudenza? Io ero iscritto a Giurisprudenza, poi son passato a Scienze Politiche. Sei in pari con gli esami?



No. E tu?



Sì, sto scrivendo la tesi.



Quando pensi di laurearti?



Non lo so. E tu?



Quando finisco gli esami. E' dura però. Questo part-time mi massacra. Ho degli orari assurdi. Stanotte, per esempio, devo star su fino alle cinque.



La vita è una merda, eh?



Già.



Che tempo fa lassù a Milano?



Uno schifo. E lì a Firenze?



Uno schifo anche qui.



Come sei fatto?



Moro, occhi castani, molto peloso. Ti vo bene?



Sì, mi piacciono gli uomini villosi.



E tu come sei?



Bionda, occhi verdi, quarta di reggiseno. E ho la passerina depilata. Ti vo bene?



No.



Perché?



Perché non sei qui, ecco perché.


Il telefono erotico



Quand'ero più giovane e più incosciente, m'è capitato di fare certe telefonate. Non son mai riuscito a eccitarmi però. Che volete: e un son normale!


L'Utente Anonimo



L'Utente Anonimo è l'"io" più sfuggente e multiforme che frulla nella mia testa. Incarna il "tutti" e il "nessuno". Non son mai riuscito a capirlo.


Il rapportino



E' un torrido pomeriggio di luglio. Camera mia è peggio della sauna di Merja. Sono in slip e maglietta. Do un'occhiata al mio orologio, uno swatch blu che sembra un giocattolo da bambini. Sono le quattro meno tre.



"E' meglio che mi prepari", penso. "Manca poco all'ora zero."



Mi sfilo le mutande. Vo all'armadio e, a gambe larghe, mi piazzo davanti allo specchio dell'anta di centro. Il mio pene si rizza. E' una settimana che non verso una goccia di seme e la mia voglia è divenuta un fiume straripante.



Do un'altra occhiata all'orologio. Sono le quattro in punto. Un trillo. Mi precipito al tavolo del PC. Afferro il cellullare. Mi hai appena inviato un SMS.



"Sono al portone", leggo sul display. "Fammi salire, ti prego."



Vo al videocitofono. Aziono il monitor. Ti vedo. Indossi una minigonna e un top attillato e calzi un paio di sandali con i tacchi a stiletto.



"Se pensi di rabbonirmi con la tua mise da sgualdrina", mormoro. "Ti sbagli di grosso."



Apro il portone e il portoncino blindato che da sul pianerottolo e torno in camera. All'eccitazione si è aggiunta l'ira. La mia metà oscura sta prendendo il sopravvento.



Mi piazzo di nuovo davanti allo specchio. Sono sempre duro e colo. Ho la fronte grondante di sudore. Mi levo la maglietta e me la passo sul viso. Tiro un profondo sospiro.



Un rumore soffocato mi dice che hai chiuso il portoncino. Vorrei venirti incontro ma non mi sposto di un millimetro. Ho lo sguardo puntato sull'immagine del mio pene eretto.



"Signor tenente?", mi fai da dietro le spalle.



Mi volto verso di te, scaglio la maglietta sul pavimento e ti do un ceffone a mano aperta. Hai le lacrime agli occhi.



"Perché?"



"Il rapportino."



Mi fissi. I tuoi occhi verde smeraldo luccicano.



"Ieri ho avuto degli impicci sul lavoro e non glielo fatta a mandartelo per e-mail. Perdonami."



Un altro ceffone.



"Come devi chiamarmi, Ricciolina?"



"S-signor tenente."



Ti guardo. Mi eccita vederti con le gote rigate di pianto.



"Spogliati."



Ti sfili il top, il reggiseno e la minigonna. Resti in sandali e perizoma.



"Spogliati, cazzo!"



"No."



Ti lancio il solito sguardo cattivo.



"La mia pazienza è al limite, ti avverto."



Mi fissi con aria di sfida.



"Sei una mezza cartuccia ...signor tenente."



Ti afferro per il collo e stringo. Strabuzzi gli occhi.



"Ti decidi?"



Fai di sì con un cenno del capo. Ti lascio andare. Mi guardi tra le gambe.



"E' piccolo."



Stringo i pugni. Mi tengo a stento.



"Levati il perizoma e sdraiati sul letto. Questa scaramuccia si è protratta più del necessario."



"I sandali devo togliermeli?"



"No."



"Come devo mettermi?"



"Supina."



Esegui l'ordine con una lentezza esasperante. Io apro l'anta di centro dell'armadio, quella con lo specchio. Frugo tra i cappelli.



"Ricciolina..."



"Comandi, signor tenente."



Il tono della tua voce ha un che di presa in giro.



"A te piacciono i grossi calibri, vero?"



"Signorsì."



Sempre lo stesso tono. Non ti rendi conto che scherzi con il fuoco.



"Ho una cosina per te."



Ti mostro la 92. Tu la fissi senza timore.



"Ricordi il gioco che mi fu insegnato a Mogadiscio?"



Annuisci in silenzio.



"Oggi lo ripeteremo con una variante che lo renderà ancora più divertente."



"Di che variante parli?"



Levo la sicura e scarello.



"Stavolta la pistola avrà il colpo in canna. Apri bene le cosce, Ricciolina, e non muovere un muscolo."



Mi guardi e sorridi.



"Non hai abbastanza fegato per tentare un azzardo del genere."



Mi avvicino al letto, la 92 in pugno.



"Vogliamo scommettere?"


La dominazione



Il rapporto che intercorre tra un master e la sua slave non richiede un contatto diretto. Io comandavo Ricciolina a distanza, tramite SMS e e-mail. Ma non sempre lei mi obbediva.

lunedì 21 novembre 2005


Ganimede



Ganimede è il mio "io" più vanesio. Si crede, forse a torto, il più bello dei belli. Ed è molto permaloso. Basta un nulla e ti tiene il broncio per un anno.


Donna



Dal Dizionario del Grande Orbo, cit., p. 666.



Donna: la mente che sta dietro all'UCAS.


L'UCAS



Dal Dizionario del Grande Orbo, Edizioni Laterza, Bari, 2000, p. 1011.



UCAS: acronimo per "Ufficio Complicazioni Affari Semplici".

domenica 20 novembre 2005


Superfantik



Superfantik è il mio "io" più timido e schivo. Dimora nell'Ultima Thule e non c'è verso di schiodarlo di là. Ci ho provato, credetemi. Niente. E' testardo come la renna di papà Kekkonen. Vittu!*



*Apro e chiudo una parentesi: "vittu" è un'interiezione che in Finlandia usano spesso. Equivale al nostro "cazzo", però significa "fica". Avete capito perché amo il finnico?


Le mistress



Sono un pochettino sadico ma non masochista. Eppure ho un debole per le mistress. Non so da dove provenga questa "tendenza". Forse dalle mie letture giovanili. Da ragazzino andavo in fregola per Red Sonja e le altre femmine guerriere. Ve le ricordate? Belle, tenebrose e con un armamentario di mazze e spadoni da far paura. Wonder Woman, al confronto, era una mammoletta.


Io non son normale



Una persona a me molto cara, che qui chiamerò Grande Orbo, ogni volta che m'incontra mi fa: "Tu non sei normale." "E' colpa della natura", son solito rispondergli. "Mi ha provvisto di una libido assai zuzzerellona."


Vita da Strega



E' lunedì pomeriggio. Sono in Piazza Strozzi di fronte all'Odeon. Guardo l'orologio. Sono le quattro e mezzo. Il film sta per iniziare e tu non ci sei.



Provo a chiamarti al cellullare ma una vocina antipatica mi dice che sei momentaneamente irraggiungibile.



"Le donne sono proprio un male necessario", mormoro. E mi metto a camminare avanti e indietro. Sono piuttosto seccato. A un tratto mi fermo. Riprovo a chiamarti al cellullare. Mi risponde la solita vocina.



Sto per levare le tende quando ti vedo. Hai i lunghi capelli color rame sciolti sulle spalle e indossi una giacca di pelle marrone su una gonna e un maglione neri. Ai piedi hai un paio di stivaletti tacco otto d'una bruttezza inaudita.



"Dov'eri andata a finire?", ti domando. "Avevamo appuntamento un quarto d'ora fa."



"Ho avuto un contrattempo imprevisto. Scusa."



"Potevi avvertire."



"Ho il telefonino kaputt. Penso siano le batterie scariche."



Mi guardi col tuo piglio da bambina birbona. Decido di lasciar perdere. Non voglio litigare.



"Ci siamo persi il principio del film. Icche si fa? Entriamo adesso o aspettiamo che cominci il secondo spettacolo?"



"Meglio adesso. Non posso restare fuori fino a tardi."



"Hyvä, minun keiju 1!"



Facciamo il nostro ingresso nell'atrio del cinema. Mi fiondo al botteghino. Acquisto due biglietti. Uno lo tengo io; l'altro lo do a te. L'omino del controllo ce li strappa con un che di cattiveria. Ha poca voglia di lavorare, mi sa. Ti prendo per mano e ti aiuto a salire la rampa di scale che porta al piano rialzato.



Siamo in sala. Vedo pochissima gente. Gli spettattori si contano sì e no sulla punta delle dita.



"Vo un attimo in bagno", mi sussurri a un orecchio. E sparisci dietro una porta bianca. Mi levo la giubba. Ho caldo. Quando torni da me, hai uno strano sorriso sulle labbra.



"Dove ci mettiamo?", ti chiedo con un filo di voce.



"Lassù." E punti l'indice della mano destra verso la cima del loggione.



Ricominciamo a salire e, dopo varie peripezie, giungiamo alla meta. Mi siedo con te alla mia destra. La giubba mi pesa. La poggio sulla spalliera della poltrona alla mia sinistra. Sono ancora accaldato. Allento il nodo della cravatta e sbottono il colletto della camicia. Tiro un sospiro di sollievo.



"Che hai?", mi domandi.



"Le caldane."



Ti scappa un risolino.



"Sei in menopausa per caso?"



"Spiritosa."



"Silenzio!", sbotta una voce dabbasso. Il tono non è amichevole. Ci chetiamo entrambi.



Mi concentro sul film. E' "Vita da Strega", quello con Nicole Kidman e Will Ferrer come protagonisti. Non riesco a seguirlo però. L'aroma del tuo profumo mi distrae.



"Ratto?"



"Oh?"



"Ti piace quella svampita della Kidman?"



"Sì, ha un bel sedere."



Mi fissi.



"Più bello del mio?"



Non gliela fo a reggere il tuo sguardo e abbasso gli occhi



"No, il tuo è meglio. E' di una beltà e di una morbidezza straordinarie. Ne vo pazzo dai tempi della Marzocco, ricordi?"



Sorridi.



"Mi pigli in giro."



"No, Occhiacci, e tu lo sai."



"Volete finirla, cazzo!", eclama la voce di prima. "Sennò vengo lì e vi rompo il muso."



Sto per dirgliene quattro quando tu mi tappi la bocca con una mano.



"Stattene buono, Ratto. E' meglio per tutti."



Mi rilasso contro la poltrona e tiro un altro sospiro. La tua mano scende dalla bocca al petto e me lo massaggia lentamente.



"Va meglio ora?"



"Sì, grazie."



Ti allontani da me e ti rimetti a guardare il film. Io, invece, fisso te. Studio ogni millimetro del tuo viso. Non posso più tenermi. La mia voglia di te mi consuma.



Ti sollevo la gonna e poso la mano destra tra le tue cosce vellutate. Tu non batti ciglio. Inizio a esplorare il tuo tesoro.



"Occhiacci?"



"Eh?"



"O le mutandine dove sono?"



Ti volti verso di me e mi dai un bacio sulla bocca. Uno di quelli lunghi.



"Me le son levate alla toilette."



Ti guardo. I tuoi occhi verdi sono due perle lucenti.



"Perché?"



"Per agevolarti le manovre, sciocchino."



1 I Ratti d'acciaio, talvolta, parlano finnico. Che volete: è la loro natura.


L'Odeon



L'Odeon è uno dei più bei cinema di Firenze. Ha un'ampia platea e un loggione dove può succedere di tutto, specie di lunedì pomeriggio.


Io e me



Questo dialogo è avvenuto nel mio cervello poco prima dell'"azzeramento".



Io - Signor Capo, posso porti un quesito?



Me - Certo.



Io - Io chi sono?



Me - Un egoarca dissociato.



Io - Un ego che?



Me - Un egoarca dissociato, un egomaniaco multiplo.



Io - O mamma!


Il Signor Capo



Il Signor Capo è il più freddo e razionale di tutti i miei vari "io". Non si lascia mai dominare dall'emotività. Sapeste come lo invidio.


Bargino



Sono stato "azzerato" a Bargino. Ogni volta che passo di lì, o sull'autoscontro * o sulla Cassia, mi vien da snudare le zanne.



* Nota per i non iniziati: per "autoscontro" intendesi la Firenze-Siena.

sabato 19 novembre 2005


La carne e l'acciaio



Sono davanti alla tua porta. Uso il mazzo di chiavi che mi hai dato la settimana scorsa e scivolo in casa silenzioso come un gatto.



Vo in camera da letto. Hai tolto il tappeto persiano. Al suo posto vi è il solito foglio di quaderno. Lo raccolgo.



"L'ultima volta che ci siamo visti hai sporcato dove non dovevi", sta scritto con la tua elegante calligrafia. "Meriti una punizione esemplare. Spogliati e accucciati sul parquet. Non tarderò a venire."



Mi precipito in bagno e scaglio nel water i tuoi ordini telecomandati. Premo il pulsante dello sciacquone. Lo strepito del getto d'acqua è musica per le mie orecchie.



Torno in camera e mi siedo sul letto. Apro la patta dei calzoni. Tiro fuori il pene e mi tocco. Il pensiero di ciò che accadrà in quella stanza mi eccita da morire.



Una chiave gira nella toppa. Dei passi in corridoio e nel boudoir. Sei tu finalmente. Mi alzo e ti aspetto in piedi, lo stiletto durissimo.



Fai la tua comparsa. Sei in mutandine e reggiseno. Calzi un paio di scarpette décolleté tacco quindici.



Sgrani gli occhi quando mi vedi. Sono in mimetica, basco e anfibi.



"Come sei carino!", esclami. "E' carnevale ed io non me ne sono accorta?"



Mi butto su di te e ti do un bacio appassionato. Vuoi opporti ma non puoi. Sono più forte di te. Quando le nostre lingue si lasciano, sei frastornata e rossa in viso.



"Oggi si cambia registro", ti fo. "Io sarò il padrone e tu la schiava."



"Nemo..."



"Nemo un cazzo! O mi chiami signor tenente o per te saranno guai, capito Ricciolina?"



Sei sbiancata. Metto paura quando sono in collera.



"Nemo..."



Ti afferro per la gola e stringo. Se volessi, potrei spezzarti il collo come un fuscello.



"Come devi chiamarmi, Ricciolina?"



"S-signor tenente."



Allento la presa e ti lascio libera di respirare.



"Brava."



Ti sto di nuovo addosso. Cerchi di sfuggirmi. Ti strizzo. Sbuffi. Non sei avvezza a certi trattamenti ma imparerai presto ad apprezzarli. Sono un ottimo maestro.



Hai un moto di ribellione e inizi a mordere. Mi laceri un labbro. Ti guardo. Capisci che è meglio smettere.



Mi stacco da te e mi levo il basco. La mia testa rasata luccica di sudore. Ti voglio.



"Vai sul letto", ordino. "E mettiti supina."



Obbedisci.



Sfilo la 92 dalla fondina ascellare. Estraggo il caricatore e scarrello. Il colpo in canna esce dalla camera di scoppio con un sibilo secco e sinistro.



Non riesci a distogliere dalla pistola. E' un nero presagio di morte.



"Signor tenente..."



Ti fisso e inghiotto a vuoto. Non vedo l'ora di assaggiarti.



"Dimmi."



"Hai intenzioni cattive?"



"No, voglio solo provare un gioco molto divertente. Me lo insegnò una negretta a Mogadiscio, ai tempi della missione in Somalia."



Ti vengo sopra. Ho la 92 in pugno e il pene eretto. Tu mi guardi con uno strano scintillio negli occhi.



"Sentirò dolore?"



"Chissà!", ti rispondo mentre, con l'unica mano non impegnata, cerco di sfilarti le mutandine.


La 92



La 34 calibro corto era roba da ferrivecchi. Non ci pigliavi un emerito cazzo (e riscusate il francesismo). La 92 parabellum calibro lungo però...


Il Cattivo Tenente



Il Cattivo Tenente è la mia metà oscura e il cuore pulsante della mia pelle d'acciaio. Vi auguro di non incontrarlo mai. Ha un carattere di merda (e scusate il francesismo).


Quella cosa



Sono sotto casa tua sull'altro lato della strada. Avevamo appuntamento alle tre. Sono le quattro ed io me ne sto ancora immobile sul marciapiede con lo sguardo perso nel vuoto.



Un trillo. E' il cellullare.



"Pronto."



"E' da un pò che ti osservo dalla finestra. Che combini laggiù? Perché non sali?"



"Non riesco a decidermi."



"Ne abbiamo già parlato, mi pare. Io non ti obbligo a fare quella cosa. Quindi o ti dai una mossa o è meglio che te ne vai."



Click.



Tiro un sospiro, scendo sul marciapiede, attraverso la strada ed entro nel palazzo. La portinaia mi fissa dalla guardiola. La saluto con un cenno della testa e tiro diritto. Sono piuttosto imbarazzato.



Prendo l'ascensore e vo su. Ho le mani sudate. Le asciugo più volte sui jeans.



Esco dalla cabina di nuovo in preda all'indecisione. Sto per tornare indietro quando noto un foglio di quaderno attaccato a una porta socchiusa con un pezzo di scotch rosso.



"FIFONE", c'è scritto a lettere cubitali.



Ho un impeto di coraggio. Afferro il pomo d'ottone della porta, la spalanco e mi fiondo nel tuo appartamento come una saetta.  Chiudo la porta dietro di me. Il soggiorno è deserto. Anche le altre stanze sembrano vuote.



"Dove diavolo sarà andata a cacciarsi?", mi scappa detto. Il silenzio è totale. Sento solo il frastuono del traffico smorzato dai vetri delle finestre.



Un rumore di passi femminili. Tacco quindici o diciassette. Giro il capo alla mia sinistra e ti vedo avanzare verso di me sinuosa come una gatta. Indossi un vestito nero con una profonda scollatura. Hai le gambe nude e calzi un paio di sandali tipo "schiava", neri anch'essi. Hai le unghie dei piedi smaltate di rosso e i lunghi capelli biondi annodati in un algido chignon.



Ti avvicini. Su quei sandali sei più alta di me. Ti arrivo sì e no al naso. Mi carezzi le gote con un frustino da cavallerizzo. Percepisco l'aroma del tuo profumo. Uno chanel, credo.



Ho un groppo in gola. Ti siedi su una delle poltrone del soggiorno. Posi il frustino su un astuccio di cuoio marrone che si trova alla tua destra sul pavimento.



"Spogliati", mi fai stringendo gli occhi.



"Ricciolina..."



"Obbedisci."



Mi tolgo tutto tranne gli slip.



"Sei coperto di peli."



Non so cosa dire. Alcuni anni fa mi sono depilato ma non l'ho più rifatto. Lo trovavo così poco virile.



"Mostrami il pisello. Non vedo l'ora di dargli un'occhiata."



Mi sfilo le mutande e le getto a terra.



"E' moscio."



Stringo i pugni. Voglio diventare duro. Lo voglio disperatamente. Il mio pene, però, resta inerte. Cado vittima dello sconforto.



Accenni un sorriso e apri le gambe. Scorgo il tuo perizoma sotto la gonna. E' nero e trasparente. Ho il fiato corto.



"Non startene lì impalato. Accovacciati tra le mie ginocchia."



Eseguo l'ordine.



"Ti piacciono i miei piedini?"



"Sì."



"Baciameli."



Mi metto all'opera. I sandali sono un impaccio ma non demordo. Ho un'erezione.



"Hai una cappella molto grossa."



Non rispondo. Ho la lingua impegnata.



Una mano imperiosa mi costringe a sollevare la testa.



"Alzati."



Mi tiro su e tu con me.



"Girati."



Ti do la schiena.



Armeggi con l'astuccio. Odo un rumore metallico. Cerco di voltarmi. Tu me lo impedisci.



"Mi vuoi?"



"Sì."



"Con tutto te stesso?"



"Sì."



"Allora metti le mani dietro la schiena e stattene buono."



Fo come dici. Mi serri i polsi con un paio di manette. Ho la pelle d'oca.



Un altro rumore metallico. Cedo al panico.



"Ricciolina, ho paura."



"Non temere, Nemo. E' solo un collare di pelle con una catena. Gli stalloni hanno le briglie. Anche tu devi averle. "



Me lo infili e stringi. Soffoco.



"Non tapparmi la bocca, ti prego. Non lo sopporto."



Scoppi a ridere.



"Bambino caro, non potrei mai. La tua lingua mi serve. Tu sei uno dei pochi che sa usarla in maniera sopraffina. "



Mi stringi a te. Avverto chiaramente i tuoi seni turgidi e sodi contro di me. Colo come un rubinetto che perde.



"Mettiti gattoni."



Ho un attimo di esitazione.



"Obbedisci."



Mi getto sul pavimento faccia a terra. Vedo solo i tuoi sandali neri.



Tiri il guinzaglio. Uno strattone deciso.



"Andiamo."



"Dove mi porti?"



"In cucina. Ti aspetta una formidabile merenda."


Ricciolina



Ricciolina è una donna battagliera. Ha dato filo da torcere sia a Nemo che al Cattivo Tenente.  Che femmina!!!


Nemo



Ho subito avuto un'esistenza travagliata. A poche settimane dalla mia nascita son stato "azzerato" dal Brasiliano, una persona molto ma molto cattiva. Così son diventato Nemo, il naufrago del nulla.


Galeotta fu la Marzocco



E' luglio e fa un caldo che scioglie le ossa. Le quattro sono scoccate da un pezzo. Sono in Piazza Duomo e aspetto. Alessia, come al solito, è in ritardo. Un trillo. Il cellulare mi avvisa che ho appena ricevuto un messaggino. E' Alessia che scrive. Dice che non può vedermi. L'avvocato ha una causa in tribunale domani e lei deve dargli una mano a prepararla.



"Accidenti a te e al tuo azzeccagarbugli!", sbotto a voce alta. La gente mi guarda. Io me ne infischio. Sono in preda alla stizza.



Mi avvio verso Via Cavour. Ho intenzione di fare due passi ma cambio subito idea. Così entro nella Libreria Martelli, l'ex Marzocco. Armeggio tra gli scaffali dei libri e ne sfoglio uno tanto per perdere tempo. Mi sento osservato. Alzo il capo e vedo una gentil fanciulla avvolta in un abito caki piuttosto aderente. Ha i capelli color rame e degli splendidi occhi verdi e calza un paio di sandaletti bianchi molto sexy.



"Tu sei Fujiko", ti fo.



"Eh?"



"Ho detto: tu sei Fujiko. Ti ho riconosciuta."



"Ti sbagli."



"No, i Ratti d'acciaio non sbagliano mai."



Mi lanci un sorriso.



"Ci ho preso, vero?"



"Sì."



Il tuo generoso décolleté è un magnete irresistibile. Mi passo la lingua sulle labbra. Ho la gola secca.



"C'è una caffetteria di sopra. Perché non andiamo a berci un chinotto? Muoio di sete."



"A me il chinotto non piace."



"Ti offrirò una coca allora. Do we go?"



Arricci il naso e mi fissi. I tuoi occhi sono un abisso infinito, una voragine senza fine.



"Perché no?"



Prendiamo la rampa di scale che sale al mezzanino. Ti sto dietro e mi godo la vista del tuo culetto sodo.



"Te lo piglierei a mozzichi."



"Eh?"



"Nulla, solo pensieri a briglia sciolta."



Siamo su. La caffetteria è deserta. Manca pure il banconiere. L'aria è soffocante. Sembra di stare nella sauna di Merja. I condizionatori non girano. Pessima politica di risparmio energetico.



Ho voglia di te, una voglia matta. Ti afferro per un braccio e ti trascino alla toilette. La porta è aperta. Entriamo. Il cubicolo è stretto e angusto. Mi spalmo su di te e ti guardo dritto negli occhi. Stai per parlare ma io ti copro la bocca con un bacio che non finisce mai. Le nostre lingue si cercano avide di desiderio. Ti carezzo il seno con entrambe le mani. Riesco a percepire i tuoi capezzoli nonostante la stoffa del reggipetto. Il mio stiletto si rizza. Ne avverti il turgore contro di te. Ti vuole, ti voglio. Mi allontano da te e chiudo a chiave la porta del minuscolo bagno.



"Ratto..."



"Voltati."



"Ratto..."



"Voltati, porca manetta!"



Ti giri. Mi sistemo dietro di te. Ti fo piegare in avanti con una lieve pressione del braccio destro.  Sei con la faccia al muro. Il tuo respiro è diventato affannoso. Ho le mani sudate. Le strofino sulla camicia e ti sollevo la gonna. Il tuo sedere è una rotondità meravigliosa. Ti allargo le natiche e le soppeso leggermente. Sono lisce e levigate. Voglio mordere. Il filo del tuo perizoma nero mi impiccia. Lo strappo con i denti e mi fo strada verso la tua vagina. E' aperta, il clitoride in bella posa. L'odore dei tuoi succhi interni mi manda brodo di giuggiole.



 



"Ratto..."



"Tais-toi, ma chérie. Le parole, in casi come questo, sono inutili."



Mi accuccio tra le tue cosce superbe e inizio a leccare. Prendo il clitoride tra le labbra e succhio. Prima piano, poi forte. Alterno l'una e l'altra manovra secondo il tuo piacere. E' quello il mio scopo, è quella la mia missione.



Bussano alla porta.



"Occupato", riesci a sibilare tra uno spasimo e l'altro.



"Signora, tutto bene?"



Dal timbro della voce parrebbe un uomo piuttosto anziano.



"Sì, tutto bene. Non si preoccupi."



Stacco la bocca dal clitoride e ti do un morso a una coscia. Un morso da Ratto d'acciaio.



"Ahi, mi lasci i segni con quelle zanne!"



"Quanti siete lì dentro?", domanda il vecchio.



"Fatti gli affari tuoi, impiccione!", gli grido con tutto il fiato che ho in corpo.



"Giovanotto, come si permette. Si dia un tono o chiamo la Polizia."



"E chiama chi ti pare: la Polizia, i Carabinieri, la Forestale. Basta che ti levi dalle scatole!"



Lo scocciatore se ne va a passo di carica. Lo sento sbraitare nel corridoio. Mi scordo subito di lui. Ti ho di nuovo sulla punta della lingua. Lecco, succhio, assaporo. Quando raggiungi l'orgasmo, sei tutta un fremito e miagoli come una gatta. Anch'io sono pienamente soddisfatto. Ho compiuto il mio dovere di maschio.



Il corridoio, d'un tratto, si riempie di rumori. Poliziotti e altra gente. Non si capisce quello dicono. Parlano tutti insieme. Mi tiro su e ti aiuto ad alzarti. Siamo entrambi un bagno di sudore.



"Sei un mostro", mi fai mentre ti riassetti la gonna.



"Lo so, bambina cara, Steelrat è così."


Librerie



Quando sono Mr. None sono solito frequentare la Edison e la Feltrinelli. Quando sono il Ratto invece...


Fujiko



Fujiko, per me, sarà sempre un bluff.


Come son nato



Navigavo da poco. Già ero Superfantik e Ganimede ma uno dei miei "io", quello più scanzonato e birichino, aveva bisogno di un nick perché stava per imbarcarsi in una perigliosa avventura. Mi metto a pensare. Strizzo le meningi. Mi viene: qual'era il soprannome di James Bolivar diGriz? The Stainless Steel Rat. Mmm... Troppo lungo. Meglio Steelrat.

giovedì 17 novembre 2005


Uno, nessuno, centomila



Uno, nessuno, centomila. Molto pirandelliano, nevvero? Eppure, quando sono in rete, mi sento così. Steelrat, il Ratto d'acciaio, è solo uno dei miei tanti "io". Se avrete la bontà di leggermi, capirete perché.