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I racconti qui pubblicati sono inoltre opera di fantasia. Ogni coincidenza con fatti reali e persone fisiche o giuridiche, realmente esistenti, o con enti, società, organizzazioni, gerarchie sia naturali che soprannaturali, è da ritenersi puramente causale.


martedì 22 novembre 2005


Il rapportino



E' un torrido pomeriggio di luglio. Camera mia è peggio della sauna di Merja. Sono in slip e maglietta. Do un'occhiata al mio orologio, uno swatch blu che sembra un giocattolo da bambini. Sono le quattro meno tre.



"E' meglio che mi prepari", penso. "Manca poco all'ora zero."



Mi sfilo le mutande. Vo all'armadio e, a gambe larghe, mi piazzo davanti allo specchio dell'anta di centro. Il mio pene si rizza. E' una settimana che non verso una goccia di seme e la mia voglia è divenuta un fiume straripante.



Do un'altra occhiata all'orologio. Sono le quattro in punto. Un trillo. Mi precipito al tavolo del PC. Afferro il cellullare. Mi hai appena inviato un SMS.



"Sono al portone", leggo sul display. "Fammi salire, ti prego."



Vo al videocitofono. Aziono il monitor. Ti vedo. Indossi una minigonna e un top attillato e calzi un paio di sandali con i tacchi a stiletto.



"Se pensi di rabbonirmi con la tua mise da sgualdrina", mormoro. "Ti sbagli di grosso."



Apro il portone e il portoncino blindato che da sul pianerottolo e torno in camera. All'eccitazione si è aggiunta l'ira. La mia metà oscura sta prendendo il sopravvento.



Mi piazzo di nuovo davanti allo specchio. Sono sempre duro e colo. Ho la fronte grondante di sudore. Mi levo la maglietta e me la passo sul viso. Tiro un profondo sospiro.



Un rumore soffocato mi dice che hai chiuso il portoncino. Vorrei venirti incontro ma non mi sposto di un millimetro. Ho lo sguardo puntato sull'immagine del mio pene eretto.



"Signor tenente?", mi fai da dietro le spalle.



Mi volto verso di te, scaglio la maglietta sul pavimento e ti do un ceffone a mano aperta. Hai le lacrime agli occhi.



"Perché?"



"Il rapportino."



Mi fissi. I tuoi occhi verde smeraldo luccicano.



"Ieri ho avuto degli impicci sul lavoro e non glielo fatta a mandartelo per e-mail. Perdonami."



Un altro ceffone.



"Come devi chiamarmi, Ricciolina?"



"S-signor tenente."



Ti guardo. Mi eccita vederti con le gote rigate di pianto.



"Spogliati."



Ti sfili il top, il reggiseno e la minigonna. Resti in sandali e perizoma.



"Spogliati, cazzo!"



"No."



Ti lancio il solito sguardo cattivo.



"La mia pazienza è al limite, ti avverto."



Mi fissi con aria di sfida.



"Sei una mezza cartuccia ...signor tenente."



Ti afferro per il collo e stringo. Strabuzzi gli occhi.



"Ti decidi?"



Fai di sì con un cenno del capo. Ti lascio andare. Mi guardi tra le gambe.



"E' piccolo."



Stringo i pugni. Mi tengo a stento.



"Levati il perizoma e sdraiati sul letto. Questa scaramuccia si è protratta più del necessario."



"I sandali devo togliermeli?"



"No."



"Come devo mettermi?"



"Supina."



Esegui l'ordine con una lentezza esasperante. Io apro l'anta di centro dell'armadio, quella con lo specchio. Frugo tra i cappelli.



"Ricciolina..."



"Comandi, signor tenente."



Il tono della tua voce ha un che di presa in giro.



"A te piacciono i grossi calibri, vero?"



"Signorsì."



Sempre lo stesso tono. Non ti rendi conto che scherzi con il fuoco.



"Ho una cosina per te."



Ti mostro la 92. Tu la fissi senza timore.



"Ricordi il gioco che mi fu insegnato a Mogadiscio?"



Annuisci in silenzio.



"Oggi lo ripeteremo con una variante che lo renderà ancora più divertente."



"Di che variante parli?"



Levo la sicura e scarello.



"Stavolta la pistola avrà il colpo in canna. Apri bene le cosce, Ricciolina, e non muovere un muscolo."



Mi guardi e sorridi.



"Non hai abbastanza fegato per tentare un azzardo del genere."



Mi avvicino al letto, la 92 in pugno.



"Vogliamo scommettere?"

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