La carne e l'acciaio
Sono davanti alla tua porta. Uso il mazzo di chiavi che mi hai dato la settimana scorsa e scivolo in casa silenzioso come un gatto.
Vo in camera da letto. Hai tolto il tappeto persiano. Al suo posto vi è il solito foglio di quaderno. Lo raccolgo.
"L'ultima volta che ci siamo visti hai sporcato dove non dovevi", sta scritto con la tua elegante calligrafia. "Meriti una punizione esemplare. Spogliati e accucciati sul parquet. Non tarderò a venire."
Mi precipito in bagno e scaglio nel water i tuoi ordini telecomandati. Premo il pulsante dello sciacquone. Lo strepito del getto d'acqua è musica per le mie orecchie.
Torno in camera e mi siedo sul letto. Apro la patta dei calzoni. Tiro fuori il pene e mi tocco. Il pensiero di ciò che accadrà in quella stanza mi eccita da morire.
Una chiave gira nella toppa. Dei passi in corridoio e nel boudoir. Sei tu finalmente. Mi alzo e ti aspetto in piedi, lo stiletto durissimo.
Fai la tua comparsa. Sei in mutandine e reggiseno. Calzi un paio di scarpette décolleté tacco quindici.
Sgrani gli occhi quando mi vedi. Sono in mimetica, basco e anfibi.
"Come sei carino!", esclami. "E' carnevale ed io non me ne sono accorta?"
Mi butto su di te e ti do un bacio appassionato. Vuoi opporti ma non puoi. Sono più forte di te. Quando le nostre lingue si lasciano, sei frastornata e rossa in viso.
"Oggi si cambia registro", ti fo. "Io sarò il padrone e tu la schiava."
"Nemo..."
"Nemo un cazzo! O mi chiami signor tenente o per te saranno guai, capito Ricciolina?"
Sei sbiancata. Metto paura quando sono in collera.
"Nemo..."
Ti afferro per la gola e stringo. Se volessi, potrei spezzarti il collo come un fuscello.
"Come devi chiamarmi, Ricciolina?"
"S-signor tenente."
Allento la presa e ti lascio libera di respirare.
"Brava."
Ti sto di nuovo addosso. Cerchi di sfuggirmi. Ti strizzo. Sbuffi. Non sei avvezza a certi trattamenti ma imparerai presto ad apprezzarli. Sono un ottimo maestro.
Hai un moto di ribellione e inizi a mordere. Mi laceri un labbro. Ti guardo. Capisci che è meglio smettere.
Mi stacco da te e mi levo il basco. La mia testa rasata luccica di sudore. Ti voglio.
"Vai sul letto", ordino. "E mettiti supina."
Obbedisci.
Sfilo la 92 dalla fondina ascellare. Estraggo il caricatore e scarrello. Il colpo in canna esce dalla camera di scoppio con un sibilo secco e sinistro.
Non riesci a distogliere dalla pistola. E' un nero presagio di morte.
"Signor tenente..."
Ti fisso e inghiotto a vuoto. Non vedo l'ora di assaggiarti.
"Dimmi."
"Hai intenzioni cattive?"
"No, voglio solo provare un gioco molto divertente. Me lo insegnò una negretta a Mogadiscio, ai tempi della missione in Somalia."
Ti vengo sopra. Ho la 92 in pugno e il pene eretto. Tu mi guardi con uno strano scintillio negli occhi.
"Sentirò dolore?"
"Chissà!", ti rispondo mentre, con l'unica mano non impegnata, cerco di sfilarti le mutandine.
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