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I racconti qui pubblicati sono inoltre opera di fantasia. Ogni coincidenza con fatti reali e persone fisiche o giuridiche, realmente esistenti, o con enti, società, organizzazioni, gerarchie sia naturali che soprannaturali, è da ritenersi puramente causale.


sabato 19 novembre 2005


La carne e l'acciaio



Sono davanti alla tua porta. Uso il mazzo di chiavi che mi hai dato la settimana scorsa e scivolo in casa silenzioso come un gatto.



Vo in camera da letto. Hai tolto il tappeto persiano. Al suo posto vi è il solito foglio di quaderno. Lo raccolgo.



"L'ultima volta che ci siamo visti hai sporcato dove non dovevi", sta scritto con la tua elegante calligrafia. "Meriti una punizione esemplare. Spogliati e accucciati sul parquet. Non tarderò a venire."



Mi precipito in bagno e scaglio nel water i tuoi ordini telecomandati. Premo il pulsante dello sciacquone. Lo strepito del getto d'acqua è musica per le mie orecchie.



Torno in camera e mi siedo sul letto. Apro la patta dei calzoni. Tiro fuori il pene e mi tocco. Il pensiero di ciò che accadrà in quella stanza mi eccita da morire.



Una chiave gira nella toppa. Dei passi in corridoio e nel boudoir. Sei tu finalmente. Mi alzo e ti aspetto in piedi, lo stiletto durissimo.



Fai la tua comparsa. Sei in mutandine e reggiseno. Calzi un paio di scarpette décolleté tacco quindici.



Sgrani gli occhi quando mi vedi. Sono in mimetica, basco e anfibi.



"Come sei carino!", esclami. "E' carnevale ed io non me ne sono accorta?"



Mi butto su di te e ti do un bacio appassionato. Vuoi opporti ma non puoi. Sono più forte di te. Quando le nostre lingue si lasciano, sei frastornata e rossa in viso.



"Oggi si cambia registro", ti fo. "Io sarò il padrone e tu la schiava."



"Nemo..."



"Nemo un cazzo! O mi chiami signor tenente o per te saranno guai, capito Ricciolina?"



Sei sbiancata. Metto paura quando sono in collera.



"Nemo..."



Ti afferro per la gola e stringo. Se volessi, potrei spezzarti il collo come un fuscello.



"Come devi chiamarmi, Ricciolina?"



"S-signor tenente."



Allento la presa e ti lascio libera di respirare.



"Brava."



Ti sto di nuovo addosso. Cerchi di sfuggirmi. Ti strizzo. Sbuffi. Non sei avvezza a certi trattamenti ma imparerai presto ad apprezzarli. Sono un ottimo maestro.



Hai un moto di ribellione e inizi a mordere. Mi laceri un labbro. Ti guardo. Capisci che è meglio smettere.



Mi stacco da te e mi levo il basco. La mia testa rasata luccica di sudore. Ti voglio.



"Vai sul letto", ordino. "E mettiti supina."



Obbedisci.



Sfilo la 92 dalla fondina ascellare. Estraggo il caricatore e scarrello. Il colpo in canna esce dalla camera di scoppio con un sibilo secco e sinistro.



Non riesci a distogliere dalla pistola. E' un nero presagio di morte.



"Signor tenente..."



Ti fisso e inghiotto a vuoto. Non vedo l'ora di assaggiarti.



"Dimmi."



"Hai intenzioni cattive?"



"No, voglio solo provare un gioco molto divertente. Me lo insegnò una negretta a Mogadiscio, ai tempi della missione in Somalia."



Ti vengo sopra. Ho la 92 in pugno e il pene eretto. Tu mi guardi con uno strano scintillio negli occhi.



"Sentirò dolore?"



"Chissà!", ti rispondo mentre, con l'unica mano non impegnata, cerco di sfilarti le mutandine.

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