Galeotta fu la Marzocco
E' luglio e fa un caldo che scioglie le ossa. Le quattro sono scoccate da un pezzo. Sono in Piazza Duomo e aspetto. Alessia, come al solito, è in ritardo. Un trillo. Il cellulare mi avvisa che ho appena ricevuto un messaggino. E' Alessia che scrive. Dice che non può vedermi. L'avvocato ha una causa in tribunale domani e lei deve dargli una mano a prepararla.
"Accidenti a te e al tuo azzeccagarbugli!", sbotto a voce alta. La gente mi guarda. Io me ne infischio. Sono in preda alla stizza.
Mi avvio verso Via Cavour. Ho intenzione di fare due passi ma cambio subito idea. Così entro nella Libreria Martelli, l'ex Marzocco. Armeggio tra gli scaffali dei libri e ne sfoglio uno tanto per perdere tempo. Mi sento osservato. Alzo il capo e vedo una gentil fanciulla avvolta in un abito caki piuttosto aderente. Ha i capelli color rame e degli splendidi occhi verdi e calza un paio di sandaletti bianchi molto sexy.
"Tu sei Fujiko", ti fo.
"Eh?"
"Ho detto: tu sei Fujiko. Ti ho riconosciuta."
"Ti sbagli."
"No, i Ratti d'acciaio non sbagliano mai."
Mi lanci un sorriso.
"Ci ho preso, vero?"
"Sì."
Il tuo generoso décolleté è un magnete irresistibile. Mi passo la lingua sulle labbra. Ho la gola secca.
"C'è una caffetteria di sopra. Perché non andiamo a berci un chinotto? Muoio di sete."
"A me il chinotto non piace."
"Ti offrirò una coca allora. Do we go?"
Arricci il naso e mi fissi. I tuoi occhi sono un abisso infinito, una voragine senza fine.
"Perché no?"
Prendiamo la rampa di scale che sale al mezzanino. Ti sto dietro e mi godo la vista del tuo culetto sodo.
"Te lo piglierei a mozzichi."
"Eh?"
"Nulla, solo pensieri a briglia sciolta."
Siamo su. La caffetteria è deserta. Manca pure il banconiere. L'aria è soffocante. Sembra di stare nella sauna di Merja. I condizionatori non girano. Pessima politica di risparmio energetico.
Ho voglia di te, una voglia matta. Ti afferro per un braccio e ti trascino alla toilette. La porta è aperta. Entriamo. Il cubicolo è stretto e angusto. Mi spalmo su di te e ti guardo dritto negli occhi. Stai per parlare ma io ti copro la bocca con un bacio che non finisce mai. Le nostre lingue si cercano avide di desiderio. Ti carezzo il seno con entrambe le mani. Riesco a percepire i tuoi capezzoli nonostante la stoffa del reggipetto. Il mio stiletto si rizza. Ne avverti il turgore contro di te. Ti vuole, ti voglio. Mi allontano da te e chiudo a chiave la porta del minuscolo bagno.
"Ratto..."
"Voltati."
"Ratto..."
"Voltati, porca manetta!"
Ti giri. Mi sistemo dietro di te. Ti fo piegare in avanti con una lieve pressione del braccio destro. Sei con la faccia al muro. Il tuo respiro è diventato affannoso. Ho le mani sudate. Le strofino sulla camicia e ti sollevo la gonna. Il tuo sedere è una rotondità meravigliosa. Ti allargo le natiche e le soppeso leggermente. Sono lisce e levigate. Voglio mordere. Il filo del tuo perizoma nero mi impiccia. Lo strappo con i denti e mi fo strada verso la tua vagina. E' aperta, il clitoride in bella posa. L'odore dei tuoi succhi interni mi manda brodo di giuggiole.
"Ratto..."
"Tais-toi, ma chérie. Le parole, in casi come questo, sono inutili."
Mi accuccio tra le tue cosce superbe e inizio a leccare. Prendo il clitoride tra le labbra e succhio. Prima piano, poi forte. Alterno l'una e l'altra manovra secondo il tuo piacere. E' quello il mio scopo, è quella la mia missione.
Bussano alla porta.
"Occupato", riesci a sibilare tra uno spasimo e l'altro.
"Signora, tutto bene?"
Dal timbro della voce parrebbe un uomo piuttosto anziano.
"Sì, tutto bene. Non si preoccupi."
Stacco la bocca dal clitoride e ti do un morso a una coscia. Un morso da Ratto d'acciaio.
"Ahi, mi lasci i segni con quelle zanne!"
"Quanti siete lì dentro?", domanda il vecchio.
"Fatti gli affari tuoi, impiccione!", gli grido con tutto il fiato che ho in corpo.
"Giovanotto, come si permette. Si dia un tono o chiamo la Polizia."
"E chiama chi ti pare: la Polizia, i Carabinieri, la Forestale. Basta che ti levi dalle scatole!"
Lo scocciatore se ne va a passo di carica. Lo sento sbraitare nel corridoio. Mi scordo subito di lui. Ti ho di nuovo sulla punta della lingua. Lecco, succhio, assaporo. Quando raggiungi l'orgasmo, sei tutta un fremito e miagoli come una gatta. Anch'io sono pienamente soddisfatto. Ho compiuto il mio dovere di maschio.
Il corridoio, d'un tratto, si riempie di rumori. Poliziotti e altra gente. Non si capisce quello dicono. Parlano tutti insieme. Mi tiro su e ti aiuto ad alzarti. Siamo entrambi un bagno di sudore.
"Sei un mostro", mi fai mentre ti riassetti la gonna.
"Lo so, bambina cara, Steelrat è così."
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