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"Io sono il derattizzatore."
Chi parla è l'ennesimo figuro che mi si para dinanzi.
"L'acchiappamosche."
Ha i capelli imbrigliati in una reticella verde che gli scende sull'omero sinistro in una gran nappa.
"Il fante di coppe e l'asso di bastoni."
Porta appeso sul collo un piccolo corno pieno di polvere nera e attaccate alla lucida cintura di cuoio due pistole a pietra focaia e un lungo spadone.
"Il Cavaliere di Ripafratta."
È in stivali e pantaloni gonfi e indossa un camiciotto bisognoso dell'opera d'una brava lavandaia.
"Già caporale dei Lancieri di Montecuccoli."
Imbraccia lo spadone. Me lo punta contro, minaccioso.
"E voglio il vostro sangue, pantegana d'acciaio."
Tiro un sospiro, rassegnato.
"Sprecate tempo, fiato ed energie, caporale. Io non posso essere ucciso. Sono solo parole."
Il figuro s'avventa su di me. Mena un affondo e vari fendenti. Niente. È come se avesse colpito l'aria.
"Io stesso cercai d'azzerarmi, sapete. Morii l'anno scorso con grande apparato di mezzi. Fu tutto inutile ahimé. Rimango sempre incollato qui."
Alzo le spalle, tristissimo.
"Sono creatura del non essere, caporale."
Indico al figuro collo spadone ancora sguainato i due uomini in giustacuore di pelle e cappello piumato che sono apparsi di fianco a me.
"E questi sono i miei drughi."
Uno dei due avanza d'un passo. Ha le labbra piegate in un sorriso beffardo.
"Il Caos."
L'altro si toglie il cappello e accenna un inchino. È un tipo panciuto dal viso rubizzo e gl'occhi allegri.
"Il Clitoride."
Tiro un secondo sospiro.
"Volete riprovare, caporale? Forse stavolta voi ed io saremo più fortunati."
Il figuro rinfodera lo spadone. Impugna le pistole e spara due colpi. Le palle di piombo mi passano attraverso senza sortire alcun effetto.
"Come volevasi dimostrare."
Guardo il cielo. Il sole è giunto a metà del suo cammino.
"Avete fame, caporale? Credo sia ora di desinare."
Il figuro ripone le pistole e mi fissa.
"In effetti sì, messer Ratto. Non tocco cibo dall'altro ieri. Sono sempre sbattuto a destra e a manca a combattere i mulini a vento."
Lo prendo sottobraccio con fare bonario e paterno.
"Vi comprendo più di quanto possiate immaginare, caporale."
I suoi occhi s'inchiodano ai miei.
"Davvero?"
Arriccio il naso. Il figuro puzza di stalla e sudore stantio.
"Certo."
Schiocco le dita. Improvviso compare il prode Vanny colla sua mongolfiera.
"Seguitemi, caporale. V'offro un volo sugl'abissi del Nulla e un pranzo luculliano."
Il figuro tentenna.
"Dov'è che si dovrebbe mangiare voi ed io? Mica l'ho capito."
Gli sorrido a centodue denti.
"Alle Palle Mozze, una simpatica taverna a cento leghe da qui. La conoscete, caporale?"
Il figuro scuote il capo.
"No."
Serro le palpebre, cogitabondo.
"Strano, caporale. Maya, la proprietaria, è cuoca valentissima. La sua trippa al sugo è piatto noto ovunque."
Afferro il figuro per lo spadone e lo trascino verso la mongolfiera.
"Let's go, corporal. I am hungry!"
Il prode Vanny c'attende, pronto a spiccare il decollo.
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