I miei amori
T'ho trascinato a Recanati, sulle tracce di Giacomo. Siamo finiti nel suo stagionato palazzo, in compagnia d'un plotone di turisti abbronzati. Romagnoli per lo più. Ma anche esuli del Granducato, come il sottoscritto.
Visita guidata per le cucine e la biblioteca del conte Monaldo. Pentolame vetusto e libri muffiti. Uno sballo. Il pezzo forte, comunque, è stato il tavolinetto dove il poeta trascorse i suoi "sette anni di studio matto e disperatissimo". Un aggeggio pieno di tarli, da rigattieri del Balôn 1.
Io, per tutto il giro di Casa Leopardi, ho vagato sulle ali del tempo, avanti e indietro come un pendolo. Ero a Sirolo, seduto su una panchina della Piazzetta, a gustare il sapore delle tue labbra. Ero a Firenze, nel buio del cinema Edison, a carezzare furtivo i capezzoli del mio amore della terza liceo. Ero a Genova, chiuso in uno scompartimento d'un malandato intercity, a decifrare sorridente un chilometrico "mimanchimimanchimimanchi" inviatomi tramite sms dal mio amore lontano. Ero a Roma, stanco e accaldato, ad esplorare mano nella mano col mio amore finnico l'arcano labirinto delle catacombe di San Callisto. Ero a Milano, in un'assordante discoteca di Porta Ticinese, a leccare ebbro di vodka le lentiggini del mio amore teutonico. Ero a Parma, di fronte all'ingresso della stazione, ad aspettare nella morsa del gelo la comparsa della mia musa più bella. Ero in treno, da qualche parte tra Chiusi e Orvieto, a fissare mezzo intontito dal sonno il succhiotto lasciatomi sul braccio dal mio amore evanescente. Ero in luoghi diversi, con donne diverse, dileguato nel Nulla tanto per non smentirmi mai.
"Ratto?"
Sbatto le palpebre. Il sole. La sua luce m'infastidisce. Inforco i Ray-Ban.
"Oh..."
Siamo usciti dalla dimora natale di Giacomo e ci troviamo nella piazzola antistante al palazzo. Ho lo sguardo puntato su un tozzo edificio che all'epoca del poeta ospitava le scuderie di Casa Leopardi e l'abitazione di Teresa Fattorini, la famigerata Silvia del "rimembri ancora".
"Dove vuoi andare adesso?"
Volto la testa verso il palazzo. Noto un cartello.
"Al colle dell'infinito." Indico una direzione alla mia sinistra. "Dovrebbe essere là in fondo."
Abbandoniamo la piazzola per giungere, costeggiando le mura di Recanati, sul bordo d'un ameno cocuzzolo, disseminato di fratte, siepi e cespugli. Siamo soli. Intorno a noi non si vede nessuno.
"Rée..."
M'avvicino a te incollando il mio corpo al tuo.
"Lo senti?"
Mi fai col capo un impercettibile cenno d'assenso.
"Hai presente la colazione a base di pane, ciauscolo 2 e Rosso Piceno che mi sono sparato stamani prima che lasciassimo l'agriturismo?" Altro impercettibile cenno d'assenso colla testa. "A quanto pare, detto petit-dejeuner ha prodotto i soliti risvolti afrodisiaci."
Apri la patta dei miei calzoncini, m'infili una mano negli slip e stringi.
"Gli stessi che ho notato ieri prima del tuffo in piscina."
Sono percorso da un fremito.
"Già."
Ci baciamo appassionatamente, lingua contro lingua.
"Ho voglia", sibilo.
Ti scosti da me. Mi fissi, seria in viso.
"Non abbiamo tempo. È tardi. Rischi di perdere il treno."
Mi ricompongo in fretta e furia.
"E va be'."
Torniamo sui nostri passi, verso l'antica magione di Giacomo. Aggrotto la fronte, pensoso.
"Siamo diventati due personaggi che s'esibiscono su un palcoscenico di parole, Rée." Tiro un sospiro. "I tuoi non so a questo c'hanno ridotto."
Mi guardi.
"Ti spiace?"
Mi passo una mano sui capelli.
"Certo. Al Cartone preferisco il reale. Sempre e comunque."
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1 I fan della premiata ditta Fruttero & Lucentini sanno a cosa mi riferisco.
2 Circa tale salume, vedasi http://it.wikipedia.org/wiki/Ciauscolo.
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